Venezia: chiesa di San Nicolò dei Mendicoli nel Sestiere Dorsoduro
Sembrerebbe incredibile, ma anche a Venezia esistono luoghi estranei al turismo di massa che soffoca la città e che conservano sprazzi di vitalità autentica.
Riduttivo chiamare Venezia minore questi isolati con palazzi, calli e canali interessanti e soprattutto con chiese davvero scrigni preziosissimi di opere d'arte.
Una di queste chiese, nel lembo estremo del sestiere Dorsoduro, è San Nicolò dei Mendicoli.
Divagando dai percorsi più battuti la si può facilmente raggiungere, sarà sicuramente una scoperta entusiasmante.
Partendo dalla stazione ferroviaria si passa il ponte Calatrava, si attraversa il piazzale Roma e si prosegue lungo le fondamenta del Rio Novo.
La si raggiunge mirando verso destra per le Fondamenta delle Procuratorie (zona Carcere), il Canton e le Fondamenta delle Terese (Convento).
Proprio accanto alla chiesa di San Nicolò, sull'isola dirimpettaia, si vede il grande edificio (capannone archeologia industriale) dell'ex Cotonificio, ora adibito ad aule studio dello Iuav (Istituto Universitario Architettura).
Poco lontano si trovano le più note chiese di Santa Maria dei Carmini e di San Sebastian ed anche il Terminal Marittimo di San Basilio.
- un po' di storia della contrada
Fino alla metà dell'ottocento oltre l'area edificata di San Nicolò, molto antica, vi erano solamente barene e isolotti sabbiosi che si protendevano verso la laguna interna
e dove durante l'estate i popolani di città si recavano per improvvisate feste e pic-nic.
Gli isolotti, bonificati, vennero dapprima utilizzati per esercitazioni militari dall'esercito Austriaco (Santa Marta) e in parte come primo insediamento industriale con il Cotonificio e successivamente in terminal ferroviario e marittimo.
Ora la vasta area, ulteriormente allargata con interramento della laguna, è quella che conosciamo come Tronchetto, Piazzale Roma e Terminal Grandi Navi.
L'area più ad ovest del Sestiere Dorsoduro era abitata da poveri popolani dediti principalmente alla pesca e al trasporto di vettovaglie e derrate alimentari
provenienti dalla terraferma, imbarcati a Fusina e a Malghera (la vecchia Marghera era un villaggio situato dove ora si trova il
forte Marghera),
i due principali 'terminal' di collegamento con la città. Esisteva una apposita corporazione a questo scopo.
Il termine Mendicoli potrebbe essere una storpiatura delle voci 'Mendici', ad indicare la povertà degli abitanti, oppure Mendigola, forse antico nome dell'isola.
San Nicolò è lo stesso santo San Nicola (di Bari). A Bari, infatti, si trovano i principali resti delle ossa del Santo,
mentre qui sono state portate reliquie e ossa 'di seconda scelta', come confermato da ricognizioni di studiosi.
Si parlava perfino un dialetto con cadenze diverse da quelle del resto della città e i 'Nicolotti' di queste parti, gente rustica e fiera, erano molto campanilisti,
specie nei confronti dei vicini come gli 'squerarioli' (lavoratori dei cantieri per la costruzione di gondole e barche piatte lagunari) di San Trovaso.
Ma divenivano alleati nella più profonda rivalità contro i 'Castellani', del Sestiere Castello e San Marco, all'opposto della città.
Numerosi furono gli episodi di contese a suon di pugni tra le varie fazioni, esiste ancora il
Ponte dei Pugni nei pressi della chiesa di San Trovaso con le tacche per il posizionamento dei contendenti.
La stessa chiesa di San Trovaso ha due ingressi opposti per cercare di dividere le fazioni.
Spesso finiva in risse incontrollate e con gravi incidenti.
La contrada godeva di una certa autonomia, rappresentata da un Gastaldo, eletto nella chiesa di San Nicolò dai parrocchiani, che veniva in determinate occasioni ricevuto con onore dal Doge.
Era concesso un proprio stendardo da abbinare a quello della Signoria.
- la chiesa di San Nicolò dei Mendicoli
La chiesa di San Nicolò è una delle più antiche della città.
Secondo leggenda sarebbe stata fondata nel VII secolo sui ruderi di un più antico fortilizio, forse romano, da profughi padovani accampatesi su questi inospitali isolotti.
Venne ricostruita tra il XII e il XIII secolo a seguito di un terremoto e di due furiosi incendi.
Naturalmente nel corso dei secoli ha subito vari rimaneggiamenti e restauri, più o meno regolari e improvvisati, tenuta tuttavia con grande dedizione dei fieri popolani Nicolotti,
fino alla caduta della Serenissima e all'avvento delle soppressioni napoleoniche.
Semi abbandonata con gli Austriaci (poco oltre era zona militare) e l'avvento dei Savoia, rischiò la distruzione e la demolizione, come per altre chiese dei paraggi,
per giungere in precarissimo stato di conservazione con l'alluvione del 1966.
Fortunatamente si procedette subito con importanti lavori di restauro e sollevamento dell'antico pavimento, ripresi in maniera definitiva con rigorosi criteri moderni nel 2002/2003,
che hanno riconsegnato questo bellissimo e prestigioso edificio sacro al suo splendore.
La facciata presenta muri originali con una splendida bifora centrale.
Il grandioso rosone romanico è stato tamponato per permettere l'installazione del prezioso organo a canne del XVI secolo, per dar luce all'interno sono stati ricavati due finestroni ai lati.
Il portico d'ingresso è del XV secolo, ricostruito nel XX secolo con materiali originali recuperati.
Vi sostavano lungamente in preghiera le 'Beghine' (o Bigote) della Confraternita dele Pinzocare (Pizzocchere), religiose laiche che non prendevano i voti,
spesso nobildonne decadute, donne malmaritate, vissute o abbandonate, donne energiche e religiosissime di certo non 'bigotte' nel senso moderno del termine.
Addossati tra la facciata e il tozzo campanile altri edifici.
Il campanile di linee bizantine è del XII secolo, impreziosito da un antico orologio ad una sola lancetta, come quello di
San Giacometto al Rialto.
Ora l'ingresso principale si trova sulla navata del lato nord.
La chiesa è ad impianto romanico basilicale su tre navate.
Bellissima l'iconostasi bizantina che separa la navata principale dal presbiterio che presenta un bel soffitto a capriate di legno,
il tutto arricchito da pregevoli statue lignee tra le quali spicca il grande Crocefisso e sull'altare maggiore la grande statua di San Nicola Benedicente, della metà del XV secolo.
Splendido il grande organo barocco.
Il soffitto della navata centrale è diviso in pannelli con pregevoli pitture di scuola Veronese del XVI secolo e narrano episodi riferiti a San Nicola.
Sui lati, sopra le colonne centrali, una pregevole raccolta di quadri con tematiche varie, sempre della fine del cinquecento, di vari pittori di valore tra i quali Jacopo Palma il Giovane.
Alcune pregevoli cappelle si trovano nella navata sud, quali la cappella di San Niceta e la Cappella del Santissimo.
Sparsi nei muri laterali affreschi e tracce d'affresco molto rovinati, interessanti anche i capitelli delle colonne con richiami romanici e rinascimentali.
Nonostante l'atmosfera molto buia, l'insieme offre un bel colpo emotivo e sorprende per il bel equilibrio e la sensazione di prezioso.
Sicuramente lascia sempre affascinati la grande iconostasi bizantina.
Da ultimo, non facilmente visitabile, nel sottotetto degli edifici parrocchiali inglobati con la chiesa, proprio in corrispondenza del tetto, poi ribassato, della navata nord (quindi in origine all'interno della chiesa),
si trova un affascinate affresco raffigurante la Crocefissione, parzialmente rovinato, sicuramente risalente al XIV secolo.
Recuperato recentemente sotto mani di intonaco di calce bianca, a tutt'oggi non è ancora ben decifrato.