Col dei Bof, testimonianze di architettura rurale spontanea nel feltrino
Il luogo
- foto 1: giugno 1992
Col dei Bof è un insediamento rurale di montagna sito ad un'altitudine di 680 metri s.l.m. circa.
Il nome del luogo, e il cognome di chi vi risiedeva, è riconducibile a San Bovo, cavaliere combattente diventato santo contadino, protettore degli animali e in particolare dei bovini.
La distribuzione del nucleo abitato si è sviluppata prevalentemente lungo le linee di livello, caratteristica questa, tipica dell'edificare su terreni in pendenza.
I collegamenti con gli altri luoghi abitati, con i boschi e i pascoli, avvenivano soltanto attraverso i sentieri (la costruzione della strada risale al 1996).
Alcuni sentieri erano delimitati da lastre di pietra infisse verticalmente nel terreno, secondo una tradizione comune ad altri luoghi di montagna (es. Lessinia, Altipiano dei Sette Comuni).
Tra queste elementari vie di comunicazione la più importante, per forza di cose, era quella che univa Col dei Bof al Pian dea Ciesa.
Il borgo è stato abitato stabilmente fino alla metà, circa, del 2003.
Ultimi abitanti una coppia di anziani coniugi.
La perdita di quest'ultima presenza permanente testimonia l'avanzare di quella linea di "frontiera" che anno dopo anno si sposta sempre più in basso a causa del progressivo abbandono della montagna.
Sono presenti al momento attuale (2004) edifici aventi caratteristiche pertinenti alla destinazione d'uso originaria.
L'edificio
- foto 2 e 3: maggio 1992 / giugno 1993
Si trattava, in origine, di un cason con copertura a fojarol.
L'originaria accentuata pendenza della falda lascia intendere che il manto di copertura doveva essere in ramoscelli di faggio.
Forse inizialmente era stato costruito per un utilizzo temporaneo limitato (dimora semipermanente), prima ancora che Col dei Bof diventasse un insediamento abitato stabilmente.
I vari edifici - compreso questo - di Col dei Bof si trovano in una particolare zona altimetrica di transizione, posta tra la fascia delle abitazioni permanenti (limite circa 700 m di quota) e quella delle semipermanenti (circa tra i 600 m e i 1200 m circa di quota).
La colonizzazione della montagna avveniva per gradi e si può supporre che prima venissero fatti gli edifici di questo tipo - i casoni - e che qualora ve ne fossero le condizioni, queste prime costruzioni primitive andassero a costituire, e fondare, i nuclei abitativi originari dei vari paesi.
Questo accadde, si presume, nel XVIII secolo quando la necessità di soddisfare bisogni primari spingeva ancora le popolazioni di fondo valle, alla ricerca di nuovi spazi, verso altri terreni da conquistare.
La costruzione non corrisponde ai caratteri, in senso stretto, dell'architettura feltrina.
In particolare si nota che gli è stata aggiunta, in un secondo momento costruttivo, la parte esterna del lato rivolto a sud: il portico con il sovrastante ballatoio, in dialetto
piol.
E' un elemento questo, il portico-piol fondamentale per la vita dell'uomo di montagna e per l'economia agricola.
Qui si mettono i prodotti della terra ad asciugare al sole e all'aria, qui si può lavorare al riparo dalle intemperie sfruttando la luce naturale.
In questa parte dell'edificio si comunica con quello che vi è al di fuori di esso, vestibolo che unisce l'interno con l'esterno, lo spazio chiuso con quello aperto.
Nel nostro caso il piol risulta essere molto largo, più profondo rispetto al tipo feltrino, e sostenuto, come la falda del tetto, da pilastri in muratura, presentando così caratteri che lo fanno identificare con il tipo bellunese.
Ma non esistendo una linea netta di demarcazione geografica-edilizia tra la casa bellunese e quella del feltrino, capita che le dimore rurali di questo o dell'altro tipo si possano trovare 'fuori zona'.
Si rileva quindi, che in questo luogo la sola testimonianza di architettura bellunese è rappresentata da questo edificio.
Spesso, l'impronta, la firma architettonica era legata alla provenienza e all'esperienza di chi più pratico del mestiere di muratore conduceva i lavori di costruzione o di restauro dell'edificio.
Dalla volta a botte, a sesto ribassato, del primo solaio e dalla presenza di alcune lunette perimetrali si rileva che chi ha impostato la costruzione aveva una certa padronanza del mestiere.
Si trattava senza dubbio di conoscenze edili acquisite sul campo, attraverso l'esperienza, ed esercitate e messe in pratica mediante la prestazione itinerante.
Il risultato è stato questo.
Certo un edificio rustico, frutto dell'architettura spontanea, ma che non si può dire anonimo o banale.
Rimaneggiamenti dovuti ad adattamenti funzionali succedutisi nel tempo e la riparazione dei danni riconducibili alla prima guerra mondiale hanno sostanzialmente portato l'edificio all'aspetto attuale.
Non si ha notizia di danni risalenti alla seconda guerra mondiale, in quanto l'edificio è stato risparmiato, dal fuoco appiccato alle case di Col dei Bof, dai nazifascisti nel settembre del 1944.
La pianta del fabbricato è rettangolare, con dimensioni di m 7x10,50 circa ed è orientata lungo l'asse NO-SE.
Si ha anche in questo caso l'allungamento dell'edificio lungo la quota costante della curva di livello.
Per quanto riguarda la tipologia organizzativa degli spazi questa è simile, per livello e destinazione a quella di tutti gli edifici realizzati lungo pendii, con il piano inferiore avente un lato costruito a ridosso del monte, contro roccia.
I livelli sono tre in tutto: piano terra (stalla e annessi), piano primo (abitazione), piano sottotetto (fienile e accessorio abitazione).
Si può facilmente leggere, anche dall'esterno dell'edificio, nella diversa trama della muratura dei due timpani quale sia stato il materiale impiegato per la sua prima copertura.
In principio quand'era un cason a fojarol i timpani erano più chiusi.
Questo era dovuto alle caratteristiche proprie del manto di copertura, in frasche di faggio, il quale richiedeva uno 'scarico rapido' delle acque meteoriche e della neve.
Quindi in ultima analisi, la pendenza delle falde del tetto doveva necessariamente essere spinta.
L'uso - ieri e oggi
- foto 4: marzo 1994
Sono state rilevate due distinte parti dell'edificio risalenti a periodi diversi e aventi accessi, caratteristiche d'uso e finiture differenti.
La parte a sud, dei due piani fuori terra, è quella più antica (escluso, come già spiegato, il piol), e destinata fin dall'origine ad accogliere gli uomini.
Si tratta di due piccoli locali, dai soffitti bassi, esposti al sole.
Le travi del solaio sono uniche, grezze e squadrate in modo rudimentale, e coprono tutte e due le stanze.
A esse si accedeva dal ballatoio, attraverso due ingressi distinti, in quanto non comunicanti né tra loro né con il resto della casa.
E' qui in una di queste stanze, in quella con il pavimento in lastre di pietra e la scafa, che si trovava il focolare.
Qui si teneva il fuoco acceso per cucinare, rischiarare il buio e trovare (stalla a parte) un poco di calore nei giorni gelidi del lungo inverno.
Mancava però il camino e il fumo veniva fatto uscire, dopo avere saturato il locale fino a una certa altezza, attraverso un foro posto sopra la porta di accesso.
Questo perché la copertura era in frascame di faggio.
Se vi fosse stato il camino, sarebbe bastata una qualche sbadata favilla, uscita in alto con il fumo, per incendiare tutto.
Alla parte nord si accedeva tramite l'ingresso posto, in quota con il piano campagna, sul lato ovest.
Questa zona era composta di due locali comunicanti tra di loro, ma senza alcuna possibilità di accesso agli altri due vani del lato sud.
Le stanze, una senza alcun foro finestra, dovevano servire come ripostiglio e camera da letto.
Si leggono sulla facciata del lato est, in corrispondenza di questo locale, modifiche alla forometria, eseguite in tempi lontani, molto probabilmente per motivi statici.
Il collegamento tra il piano primo e il sottotetto avveniva mediante una scala a pioli posta nel piol, oppure attraverso la più ampia apertura, tipica da fienile, che si trova sul lato ovest.
Così dopo essere stato per almeno un paio di secoli, tra guerre e fame, luogo di nascita e morte, felicità, dolore, sospirate mura dove trovare riposo dopo la fatica del lavoro e comune riparo per uomini e bestie durante i rigori dell'inverno, nel 1978 l'edificio viene abbandonato e lasciato andare in rovina, e così pure lo scoperto circostante.
Nel 1992 per amore della montagna e della sua cultura, nuove energie vengono profuse per recuperare con modesti mezzi, per un uso diverso, compatibile con le sue caratteristiche originarie, questa bella testimonianza dell' architettura spontanea della montagna bellunese.
Claudio Fasolo