cason a sfojaroi in Valle di Seren del Grappa, versante nord area feltrina
l'ultimo degli sfojaroi
- civiltà del cason con copertura a fojaroi
- opera d'arte e capolavoro assoluto di bio-tecnologia
- civiltà millenaria che muore tra l'indifferenza generale
Caratteristica unica, magia e 'design' affascinante, è il
mazol, la protuberanza aperta per di sotto, posta sulle facciate anteriore e posteriore.
E' una sorta di cappa che sul davanti cattura l'aria calda riscaldata dal muro esposto al sole e sul retro permette l'uscita dell'aria dal sottotetto, realizzando una efficentissima circolazione d'aria forzata che tiene arieggiato il fienile.
Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro...
E' il mio cuore il paese più straziato.
(G.Ungaretti)
Che ne sarà di noi, orfani della nostra storia e della nostra cultura,
che ne sarà di noi...
cason a fojaroi in Valle di Seren del Grappa, capolavoro assoluto di biotecnologia, di tecnica costruttiva e di design
Caratteristiche antropologiche dell'economia montana nell'area feltrina del monte Grappa.
Si trattava di una tipica economia di sostentamento improntata all'autosufficienza, con scambi commerciali minimi.
Quasi tutto veniva prodotto in loco sfruttando ed integrandosi in maniera straordinaria con le risorse naturali che il territorio offre.
Si esportavano prodotti del bosco quali legname, carbone, castagne e qualche capo di bestiame da portare alle annuali fiere in città e si importavano utensili, vestiario, vasellame, sale, zucchero e un po' di mais ad integrare il misero raccolto sui terrazzamenti più a bassa quota.
Serviva per la preparazione della polenta, alimento base della cucina veneta e trentina.
La valle di Seren è la più tipica per questo genere di economia rurale.
E' una valle che penetra profondamente all'interno del massiccio del Grappa, ed è caratterizzata da pendii molto ripidi e da zone di pascolo a quote relativamente elevate.
Era necessario un ciclo stagionale che comprendeva lo svernamento in fondovalle e lo sfruttamento estivo dei pascoli in quota.
Vi erano tre zone di coltivazione della montagna e di abitazione:
- la zona delle abitazioni permanenti, tipicamente in fondovalle e comunque non oltre i 700 metri di quota, ma su colli soleggiati.
E' caratterizzata da nuclei abitativi compatti a formare veri e propri paesi o contrade dalla caratteristica architettura alla feltrina con terrazze balconate a poggiolo che servivano anche per l'essicatura del mais, strutture murarie a 2 o 3 piani con vani unici, sviluppate in altezza.
Al pian terreno vi erano le stalle o ricoveri per attrezzi con volta del soffitto a botte massiccia, mentre i piani superiori il pavimento è a travature di legno.
Le case erano costruite in pietrame con malta o anche in mattoni, intonacate accuratamente, ed il tetto, che originariamente era in paglia, a scandole, coppi o lamiere.
La vita si svolgeva prevalentemente all'aperto e alla sera ci si riuniva per i filò nelle stalle, mentre la cucina era riservata esclusivamente alla preparazione formaggio e la cottura del cibo e originariamente non prevedeva nemmeno il camino, perciò il fumo usciva dalle finestre o da appositi fori.
Il caminetto detto larin era una struttura, addossata al retro della casa, con un focolare per la cottura della polenta e panche tutt'attorno, ma era una cosa da siori, da ricchi, ed esisteva sulle abitazioni di più pregio.
Le varie contrade erano collegate tra loro, o alla chiesa su cui gravitavano, da una fitta rete di buoni sentieri e comode mulattiere.
- la zona delle dimore semipermanenti, tra i 600 ed i 1200 metri di quota.
Certamente, sotto il profilo della specificità e dell'interesse architettonico, la più interessante di questa zona delle prealpi.
I casoni caratterizzano in maniera unica i versanti settentrionali del monte Grappa e si sviluppano in una varietà di forme e soluzioni geniali a testimonianza della ricchissima vivacità della 'povera' cultura contadina abituata a fare della necessità virtù.
E' una variante perfettamente integrata nell'ambiente montano del casone della pianura veneta, una forma di costruzione primitiva ma efficentissima, tutt'altro che improvvisata, che ha prodotto una cultura durata almeno 1500 anni.
Il cason con copertura a fojarol (o sfojarol) era allo stesso tempo stalla, fienile e dormitorio, in una integrazione totale tra uomo, animali e lavoro.
Una forma di sopravvivenza che non poteva esistere senza l'integrazione con le dimore permanenti e più confortevoli a bassa quota.
Era una sistemazione 'provvisoria' funzionale al lavoro, ma che alla fine veniva sfruttata per quasi tutto il tempo dell'anno e al tempo stesso avamposto, magazzino e fienile per le necessità di sopravvivenza nei duri mesi invernali a bassa quota.
- la zona delle dimore temporanee, oltre i 1200 metri di quota.
Si tratta di strutture adatte alla permanenza in quota nel periodo estivo, legate all'attività di pascolo dei bovini ('cargar montagna').
Tipicamente sono malghe o casare in solida struttura muraria con numerosi annessi per la preparazione del formaggio e prodotti complementari, lavorati direttamente in loco.
Prevalentemente non erano edifici privati, ma di proprietà collettiva (Comune, Comunità Montane, Regole) e date in affitto, quasi sempre tramite Asta pubblica.
Venivano monticate da malgari 'professionali' che si occupavano di portare nei pascoli di alta quota gli animali di diversi proprietari.
Tipologia costruttiva del cason con copertura a fojarol
E' una tipologia costruttiva particolarmente funzionale allo sfruttamento semipermanente delle risorse montane e all'allevamento del bestiame al pascolo.
Nucleo dell'insediamento è il
cason, abitato da aprile a novembre e la funzione principale era di stalla con fienile, alla quale si accompagnavano numerosi altri manufatti funzionali alla lavorazione del formaggio e ad un tenore di vita di pura sopravvivenza.
Il
cason ha pianta rettangolare di circa 6 metri x 8 metri di lunghezza, con muri portanti in pietrame di calcare, preferibilmente biancone, a secco o con malta magra di sabbia reperita in loco.
Veniva costruito perpedincolarmente ad un pendio, quindi in parte seminterrato, con l'ingresso principale della stalla a valle, generalmente affiancato con due piccolissime finestrelle di aereazione.
Nella parte posteriore una porta permetteva l'accesso al fienile della parte superiore, ad esso si accedeva direttamente se la pendenza portava la porta al livello terreno, oppure tramite un ponte di assi in legno.
Ai lati non esistono aperture, ma spesso venivano appoggiati altri manufatti secondari, quali il
puner (pollaio).
La parte più caratteristica, e straordinaria, di queste costruzioni è comunque il tetto, fatto di ramoscelli e foglie di faggio ('foja' da cui il nome), una magia efficentissima.
Una opera d'arte.
L'inclinazione della falda è di 60 gradi, questo permetteva lo sfruttamento del sottotetto come fienile, ma soprattutto è l'inclinazione ottimale per l'intreccio del materiale vegetale con cui era costruito e per salvaguardarlo dai fenomeni di dilavamento.
L'orditura principale è formata da coppie di travi d'abete (tipicamente otto) chiamate
cavai (cavalli), immaschiate alle corrispondenti travi orizzontali, appoggianti sulla muratura, che fanno da soffitto per la stalla e da pavimento per il fienile.
In questo modo si hanno una serie di triangoli perfettamente equilateri molto solidi, ma non sostenuti da alcun architrave di volta.
Veniva quindi posta l'intelaiatura per il
mazol, la tipica protuberanza sopra la porta d'ingresso e spesso anche sulla porta del retro del fienile, vero
capolavoro d'arte di design e funzionalità.
Il foro sottostante serve per permettere l'aereazione dell'interno e al tempo stesso lo sbalzo fa da riparo per la porta.
Ha dell'incredibile l'efficenza ottenuta con questa soluzione.
Sul davanti questa specie di 'cappa' cattura l'aria calda riscaldata dal muro esposto al sole per cui l'aria entra nel sottotetto sopra il fieno da aerare ed è costretta ad uscire dal foro sul retro, sul muro freddo in ombra.
In giornate soleggiate, causa il gioco dei differenziali di temperatura, avviene una circolazione d'aria che sembra prodotta da una turbina.
Davvero incredibile per quanto potente.
Che lezione per noi che ci crediamo inventori di soluzioni 'bio-tecnologiche' 'eco-sostenibili' e paroloni simili!
Per fissare le travi del tetto e permettere il riparo dei muri, vengono poste su tutto il perimetro murario delle grandi laste di calcare rosso, inclinate verso l'esterno, servono come base per la partenza della copertura vegetale, hanno quindi anche una funzione di 'grondaia'.
E' la volta dell'orditura secondaria, formata quasi esclusivamente da polloni di faggio di 6-10 cm. chiamati
latole o atole, squadrate alla buona e curvate a fuoco e vapore, fissate orizzontalmente alle travi dell'orditura principale alla distanza tipica di 20 cm. l'un l'altro.
A questo punto è la volta della copertura vegetale fatta di teneri ramoscelli con foglie di faggio, certamente il lavoro più impegantivo e delicato che poteva richiedere anche un quindicina di giorni e al quale partecipavano numerose persone o addirittura l'intero vicinato, veniva coordinato da una persona specializzata di grande esperienza,
il casonaro.
Si aspettava la luna calante di agosto, quando il faggio è al culmine della fase vegetativa e allo stesso tempo le foglie non sono ancora indurite e non iniziano a seccare.
Venivano raccolti preferibilemte i giovani ramoscelli della gettata dell'anno, ma se non erano sufficienti si raccoglievano anche rami con più anni.
La lunghezza dei rami raccolti è di un metro, quindi legati (con spago o
stropei naturali di nocciolo o viburno) a mazzetti di 30 cm. di diametro e appoggiati accuratemante a terra con la pagina superiore della foglia verso il basso, in attesa di essere trasportati al luogo della costruzione.
Per la posa in opera della copertura si potevano seguire due tecniche differenti.
La prima necessitava di maggiore manodopera immediata e si procedeva alla posa dei mazzi mano a mano che venivano raccolti.
Venivano sistemati gli uni sugli altri, con le punte rivolte all'esterno procedendo a file via via convergenti verso il colmo, appoggiandole sulle mede orizzontali, il maggior spessore del gambo all'interno faceva in modo che fossero inclinate verso l'esterno per permettere il facile scorrimento dell'acqua piovana.
Sul colmo del tetto venivano poste corteccie d'albero o, più recentemente, una lamiera per sigillare il colmo.
Il tutto si risolveva in una quindicina di giorni.
Nella seconda tecnica si procedeva con più tranquillità, con la possibiltà di suddividere il lavoro in varie fasi alle quali potevano arrangiarsi un esiguo numero di persone, ma richiedeva una lunga preparazione in cui i mazzi venivano messi a stagionare per tutto l'inverno per essere sistemati, con minore fretta, nella primavera successiva.
Il tetto era composto da almeno una ventina di
mede orizzontali per falda, ognuna delle quali richiedeva almeno 250 mazzi di rami con foglie, il tetto veniva a pesare alla fine circa 120 quintali.
Una volta posto in opera avveniva una trasformazione biologica, subiva cioè un processo di fermentazione che lo rendeva una massa perfettamente compatta ed indistinta, estremamente resistente agli agenti atmosferici.
Corpo vivo che respira, traspira ed isola perfettamente dall'esterno.
La durata del manufatto poteva superare tranquillamente i 50 anni, ed è indicata mediamente in 80 anni, cioè l'arco di vita di una persona.
E' una durata straordinaria considerando l'apparente fragilità della struttura.
Altri annessi rustici legati all'attività di pascolo e sfruttamento del bosco
Oltre al
cason principale adibito a stalla e parzialmente e temporaneamente anche a dormitorio, esistevano, annesso allo stesso o nelle immediate vicinanze, anche altre strutture funzionali alla permanenza temporanea in quota nel periodo delle monticazione e lo sfruttamento strategico per il resto dell'anno:
- cason del fogo - staccato dalla costruzione principale per preservarla da eventuali incendi, serviva per la lavorazione del latte, la preparazione del formaggio ed anche per la cottura dei cibi.
Era una struttura di modeste dimensioni, pressoché integralmente costruita con pietrame a secco, generalmente con copertura a laste di pietra, non vi era il camino ed il fumo usciva dall'apertura della porta o da piccoli fori o finestrelle.
- cason d'aria - serviva per il deposito temporaneo del latte in attesa della lavorazione.
Era fatto da quattro pilastri in pietrame a secco e copertura a fojarol, mentre perimetralmente era chiuso con una fittissima serie di pali di legno o assi semilavorate, per le abbondanti fessure circolava liberamente l'aria, ma al tempo stesso non permetteva l'introduzione di animali.
Si trovava in posti molto freschi, ombrosi o tra il bosco.
- giazzera - a pianta circolare quasi interamente scavata nel terreno anche per una profondità di 3 o 4 metri, mentre la parte emergente, sempre circolare, aveva un piccola porticina ed un foro sul retro.
Il tetto generalmente era a fojarol, ma a volte anche a laste di pietra.
Per il foro sul retro, all'inizio di primavera, veniva introdotta la neve raccolta nei dintorni prima del disgelo a riempire (veniva anche opportunamente compressa pestandola) fino al livello della porta il pozzo.
Sopra la neve venivano disposte fogliame e assi di legno a formare un pavimento mobile, su di esso veniva disposto il burro ed il formaggio ed il cibo deperibile, la neve si scioglieva pian piano durante l'estate ed il livello del pavimento si abbassava costringendo all'uso di una scaletta sempre più lunga per entrare.
- speloncia - è una variante di utilizzo della giazzera, veniva costruita in muratura a secco e copertura a laste, sfruttando il più possibile eventuali cavità naturali.
Era preferita alla giazzera nei posti già naturalmente più ombrosi o disposti nel versante nord.
- casarina - piccolo locale in muratura adiacente alla cucina, adibito a magazzino di stagionatura del formaggio, che richiedeva continue operazioni di salatura e rivoltamento.
- puner - pollaio generalmente a forma di piccola casetta di legno o di pietrame a secco e copertura a laste, quasi sempre appoggiato al cason principale adibito a stalla.
Una costruzione simile serviva a volte anche come stalla per il maiale.
Il Cason a Fojarol è opera d'arte esperienza di secoli, frutto della genialità contadina, perfettamente inserito nell'impianto urbanistico-sociale delle popolazioni dei paesi pedemontani, perfettamente funzionale alle esigenze lavorative, perfettamente integrato con l'ambiente naturale, realizzato esclusivamente con materiali reperiti in loco, edificato a mano da poche persone in poco tempo e senza alcuna tecnologia o macchinario.
Gli ultimi esemplari, veri, si stanno dissolvendo e non lasceranno alcuna traccia nel terreno, nessun 'rifiuto', anche in questo valenza assoluta di 'ecologia' coerente fino alla fine.
Sono opere che
non possono sopravvivere senza l'uomo che le vive.
E questo è soprattutto un abbandono sociale e culturale, un abbandono della
nostra civiltà millenaria, senza la quale siamo per davvero senza radici e senza cultura.
Che lezione, che batosta, per noi moderni che ci crediamo cultori e inventori di soluzioni 'bio-tecnologiche' 'eco-sostenibili' e paroloni simili!