Rocca di Giano o Castello Scaligero di Arzignano
Si trova sul colle di Santa Maria che divide le valli dell'Agno e del Chiampo a dominare la vasta conca dell'Agno-Chiampo sulla quale si affacciano anche i castelli di
Montebello e
Montecchio, ancora visibili, e il distrutto castello di San Matteo di Arzignano. Oltre la fascia di pianura, sopra un risalto dei monti Berici, vi è la
Rocca dei Vescovi a Brendola.
Quelli che ora possiamo vedere sono i ruderi, parzialmente restaurati, del borgo medioevale e delle costruzioni scaligere XIV secolo, ma la storia architettonica è sicuramente molto complessa e per molti aspetti non chiara. La stessa tipologia costruttiva non è del tutto coerente con i tipici schemi costruttivi adottati dai progettisti e maestranze al servizio degli scaligeri.
Già in epoca alto medioevale esisteva sul colle la Pieve di Santa Maria, plausibile quindi una fortificazione precedente alla scaligera. Il feudo era tenuto dai Conti di Arzignano, un ramo della potente famiglia dei Maltraversi.
Nel 1312 Cangrande della Scala ottenne da Enrico VII il vicariato imperiale su Vicenza, sottraendola ai Carraresi, tenuto dagli Scaligeri fino al 1404 quando subentrarono i Visconti. E' noto che la sudditanza a Verona non fu ben accetta dai vicentini e probabilmente il burrascoso clima di incertezza e tensioni militari portò alla sanguinosa rivolta della valle del 1336, capeggiata dal conte Giacomino (detto Jacopuccio) signore di Arzignano, con epicentro a Montecchio Maggiore.
L'intervento di Mastino II della Scala fu durissimo, ma nel 1339 fu costretto a perdonare i ribelli decidendo di rinforzare o costruire castelli nel turbolento settore ad ovest di Vicenza. La data incisa sulla pietra della porta Calavena è 1370, ma non è provata la costruzione in quel periodo del borgo fortificato e della rocca di Arzignano ad opera di Cansignorio II, oppure se vi fossero in corso lavori di ristrutturazione o restauro di manufatti forse precedenti al periodo scaligero.
Di quell'epoca pure la riorganizzazione politico-militare del territorio in Capitaniati, successivamente trasformati nelle circoscrizioni civili-religiose dette Vicariati. Al vicariato di Arzignano appartennero i centri di Chiampo, Altissimo, Durlo, Crespadoro, Nogarole, San Pietro Mussolino e San Giovanni Ilarione.
Nel 1387 gli Scaligeri capitolano stretti dalle armi di Giangaleazzo Visconti da una parte e di Francesco Carrara, signore dei Padova, dall'altra. I Visconti, insediatisi in questa zona e preferiti ai Carraresi, intrapresero una vasta opera di revisione delle fortezze, tuttavia sembra che sulla fortezza di Arzignano si siano limitati a concludere i lavori correnti.
Nonostante la magnanimità del padrone milanese, quello fu un periodo difficilissimo a causa di pestilenze, alluvioni ed una malattia che distrusse quasi tutte le culture agricole con relative terribili carestie.
L'improvvisa morte, nel 1402, di Giangaleazzo Visconti mutò drasticamente gli equilibri politici veneti. Sterminati i Carraresi la Serenissima creò lo 'Stato da Tera' e nel 1404/05 gran parte del territorio veneto si 'donò' alla Repubblica.
Ad Arzignano subentrò il Vicario veneziano ed il castello ne divenne la dimora ufficiale fino alla caduta della Serenissima nel 1797.
Un primo adeguamento alle nuove funzioni civiche avvenne nel 1411, ma gli anni turbolenti e guerreggiati non erano ancora terminati.
Nel 1413 vi fu il memorabile assedio delle truppe imperiali di Sigismondo d'Ungheria guidate da Filippo Scolari detto "Pippo Spano", che con audaci operazioni militari seminò disastri in terra Veneta mirando alla conquista di Verona. Successivamente intervennero i Visconti desiderosi di reimpadronirsi almeno del Veneto occidentale, approffittando delle difficoltà veneziane. Al soldo visconteo, Niccolò Piccinino marcia (1438) verso Vicenza e dispone le truppe sulla linea segnata dai castelli di Lonigo, Brendola, Montecchio ed Arzignano. I castelli vennero furiosamente assaltati e saccheggiati.
Scacciati definitivamente i Visconti, il castello venne prontamente restaurato (1444) ed ancor più adattato a sede politico-amministrativa veneziana.
Le mura del borgo tuttavia conservarono importanza militare, Arzignano divenne 'retrovia' nelle guerre di confine (1487) contro gli imperiali Austriaci, con la conquista di Roveredo di Trento (Rovereto) e l'assestamento dei confini sui passi alpini e sugli altipiani.
E' la volta della guerra difensiva (1509-1516) contro gli Imperiali e la Lega di Cambrai. Il territorio dell'Agno-Chiampo venne pesantemente razziato e la rocca di Arzignano, abbandonata dalle truppe venziane (come tutti i castelli vicentini) che concentrarono la difesa su Padova e Treviso, devastata e data alle fiamme (1510).
Passata la bufera, nella seconda metà del cinquecento il manufatto fu restaurato secondo le esigenze rinascimentali e la rocca trasfomata in palazzo signorile, con apertura di finestre e sovraedificazione di logge adatte ad un uso civico.
Nella stupenda mappa del 1618 di Girolamo Roccatagliata, il complesso fortificato appare in tutto il suo splendore. Una cortina muraria di 650 metri con dieci torri e due porte: porta Cisalpina verso Villa del Piano (Arzignano) e porta Calavena verso la vallata dell'Agno. Risultano evidenti il Mastio, probabilmente nuovamente restaurato ed ampliato in quel periodo, e l'antica chiesa di Santa Maria, poi ricostruita nel 1836 nelle forme attuali.
Interessanti poi gli episodi del 1655 quando vi fu una locale rivolta (dei Pauperes) contro i benestanti locali e l'amministrazione veneziana e l'episodio 'campanilistico' del 1794 degli abitanti 'del Piano' (Arzignano) che rivendicavano l'autonomia ecclesiastica dalla Pieve 'del Monte' (Castello).
La rocca, in entrambi gli episodi nei quali si giunse a nostrare i muscoli e le armi, ebbe ruolo scenografico di primo piano.
Infine la decadenza e l'abbandono ottocentesco, nell'indifferenza ai nuovi padroni francesi, austriaci ed italiani, susseguitesi dalla caduta della Serenissima.
Unico punto fermo la nuova chiesa parrocchiale ed i suoi pastori che utilizzarono la rocca come casa canonica.
L'ultimo intervento di restauro, con parziale riedificazione della porta Calavena, è stato eseguito nel 2000.