Breve storia e tecnologia dei mulini ad acqua
L'idea di imbrigliare la forza dell'acqua per azionare macchinari ed utensili risale a tempi remotissimi e la sua applicazione pratica, i mulini, utilizzata per almeno 2000 anni, fino all'era industriale, all'avvento dei motori a combustione e l'energia elettrica e, per applicazioni artigianali, anche fino a qualche decennio fa.
Nell'area mediterranea, per la scarsità d'acqua, erano preferiti macchinari nei quali la forza motrice erano gli animali e anche l'uomo, ma nell'area alpina e nel nord Europa, per la disponibilità di corsi d'acqua regolari e con molta portata, si diffuse lentamente la tecnologia che sfruttava la forza motrice delle pale azionate dall'acqua.
La tecnologia più antica, utilizzata per macinare, è a ruota orizzontale a palette o semicucchiaie, dove la trasmissione del moto attraverso l'albero verticale era diretta: dalla ruota alla macina.
Ad ogni giro di ruota motrice corrisponde quindi un giro della mola superiore.
Nel mulino a ruota verticale, che successivamente soppianterà la tecnologia a ruota orizzontale in quanto maggiormente performante, per mezzo di un ingranaggio detto
ruota dentata o anche
lanterna, vi è la moltiplicazione dei giri ed anche il passaggio del movimento di rotazione da verticale nella ruota ad orizzontale nella mola.
Tra i primi documenti riguardanti i mulini ed il loro funzionamento vi sono quelli di Vitruvio, nel trattato
De Architettura (25 a.C.), che descrisse un mulino che lavorava con una ruota verticale nell'ultimo secolo a.C., ma egli conosceva anche le ruote orizzontali. Ci sono poi gli scritti del poeta greco Antipatro di Tessalonica, contemporaneo di Vitruvio, dove nell'
Antologia Greca descrive il funzionamento di un mulino a ruota verticale.
La diffusione della ruota ad acqua per le attività pre-industriali si estese molto lentamente, con periodi di regressione dovuti alle invasioni barbariche del V e del IX secolo.
Fu però solamente a partire dall'XI secolo che la stabilità politica, la relativa prosperità economica e la notevole crescita demografica, posero le condizioni per un rapido imporsi delle attività artigianali e la crescita prepotente della produttività, con conseguente necessità di forza motrice per i primi, rudimentali ma efficaci, macchinari.
Questo fattore portò a ripercussioni politiche di non poco conto.
Nell'
economia feudale, il signore era proprietario dei terreni e di tutto quello che sopra di essi poggiava, intendendo con questo non solo tutti i manufatti produttivi, ma anche gli animali e gli stessi uomini, nonché l'uso di tutte le risorse naturali.
Quindi anche l'acqua.
E' con l'
economia comunale che prese corpo il concetto di uso pubblico delle risorse e divenne attività artigianale il lavoro che un addetto, nel nostro caso parlando di mulini il 'mugnaio', svolgeva da libero professionista svincolato dalla proprietà del feudo.
Conseguenza di questo fu il maturare l'idea che l'acqua, nel nostro caso, fosse materia strumentale al lavoro.
Ecco quindi che per forza di cose dovesse essere rigidamente regolamentata e il suo uso soggetto a tassazione in quanto, dal suo utilizzo, se ne poteva ricavare un guadagno.
Concetto che verrà sempre più esteso e rafforzato, fino ad arrivare alle estreme conseguenze ancora oggi in vigore.
Si pensi, ad esempio, al monopolio idrico per la produzione idroelettrica o i rigidissimi vincoli per l'installazione anche di una semplice ruota ad acqua per far girare una giostrina improduttiva.
I mulini, pur mantenendo caratteristiche tecnologiche comuni, erano strumenti studiati di volta in volta alla destinazione d'uso funzionale ai compiti che dovevano svolgere e perfettamente integrati all'ambiente da cui prelevavano la forza motrice.
In montagna si sfruttava il salto d'acqua, quindi la forza d'urto di una maggiore pressione ma con minore portata, privilegiando la spinta 'per di sotto' (vedi più avanti) con ruote piccole, molto robuste e tecnologia rudimentale.
Nella foto un mulino di montagna, 'per di sotto', dalla tecnoligia rudimentale, ma che sfruttava la velocità d'impatto dell'acqua.
La ruota è relativamente piccola, la corona e l'albero molto robusti e pesanti anche per conservare una maggiore inerzia, le palette innestate direttamente sulla corona per permettere una facile sostituzione.
In pianura, non disponendo di adeguati dislivelli nel salto d'acqua, si optava giocoforza ancora per la tecnologia 'per di sotto', ma data la grande e costante portata d'acqua disponibile nel canale di alimentazione e la bassissima pressione e velocità, la ruota doveva essere molto grande, a volte anche gigantesca raggiungendo perfino i 10 metri, e la tecnologia molto sofisticata con le pale molto curate al fine di catturare la maggior spinta possibile.
Tipicamente vi erano due soluzioni strutturali.
Una casetta fissa in muratura o in legno con le ruote poggianti su solide fondamenta, particolarmente adatta alle roggie di risorgiva con portate d'acqua costanti pressoché tutto l'anno.
Una flottante, praticamente dei grandi barconi completamente in legno ancorati alla terraferma con cordame e ponticelli, tipica dei grandi fiumi di pianura dove vi era disponibilità di una grandissima massa d'acqua, ma a bassissima velocità e con il problema di una forte variazione stagionale del livello del fiume.
Questo genere di mulini natanti era utilizzato esclusivamente per le macine di granaglie.
Un'altra soluzione prevede ruote con alimentazione 'dal di sopra', molto più efficente e performante delle soluzioni precedenti, ma richiede un dislivello nel salto d'acqua pari almeno al diametro della ruota stessa.
E' la tecnologia più sofisticata in questo settore e necessita un accuratissimo sistema di alimentazione, ruota e pale costruite con molta precisione.
Era diffusa soprattutto nelle aree collinari e pedemontane dove vi era una discreta e costante disponibilità d'acqua, anche se non con masse paragonabili a quelle ricavabili dai grandi fiumi di pianura.
Nella foto una ruota di mulino alimentata 'per di sopra' di concezione ottocentesca molto sofisticata, parzialmente in ferro.
Da notare la disposizione delle sedi delle assi delle cassette (ora mancanti), probabilmente in legno.
Mulino di Borgo Piazza a Mussolente (Vicenza)
L'energia ricavata e disponibile sull'albero rotante all'interno dell'officina, fu per molti secoli sfruttata esclusivamente per le macine da grano e frantoi, cioè la rotazione costante di una grossa mola.
Fu solamente nel XII secolo che venne inventato l'albero a camme, sostanzialmente dei grossi cunei innestati nell'albero rotante (o albero motore), che permisero l'utilizzo di macchinari a movimento discontinuo o alternato.
Ecco comparire i magli, grossi martelloni con la testa in ferro e come manico una trave di legno, sollevati dal cuneo della camma e lasciati cadere.
E poi meccanismi per azionare i mantici.
Con questa tecnologia si diffusero enormemente le fucine e la lavorazione del ferro battuto.
Il moto alternato permise l'invenzione delle segherie, di pestelli usati anche per triturare panni e scarti di segheria per produrre la carta, di folli per le lane.
Per trovare delle significative innovazioni bisogna giungere già in epoca industriale, alla fine del XIX secolo.
Per la molitura dei cereali venne inventata la mola a cilindri, mentre tutta una serie di accorgimenti tecnici modificò significativamente le strutture meccaniche: ruote, pale e ruote dentate fatte in ferro, cinghie per la trasmissione della forza motrice, turbine idrauliche ad altissimo rendimento collegate a generatori elettrici.
Con quest'ultima tecnologia, per la prima volta nella storia, fu possibile disgiungere il luogo di produzione dell'energia dal luogo di sfruttamento della forza motrice.
Molinetto della Croda a Refrontolo (Treviso)
Nella foto una grande ruota alimentata 'per di sopra', da notare l'accurata struttura della 'doccia' di alimentazione.
Splendido il 'design' delle quattro coppie per parte di razze che sostengono all'albero motore le due corone, perfettamente circolari, che supportano le cassette.
Bellissimo ed ingegnoso anche il ponte, a due travi in legno, che sostiene dalla parte esterna l'albero della ruota.
La piccola finestrella direzionata sulla 'doccia', la parte più delicata e critica, permetteva al mugnaio di tenere sotto controllo il funzionamento della ruota mentre era intento al lavoro nelle macine.
Tipi e tecnologie delle ruote idrauliche verticali
Modelli di ruota
- Per di sotto
Ruota detta 'a palette', dove l'acqua spinge le pale immerse nella corrente. Adatta a grandi volumi d'acqua con bassa velocità.
- Per di sopra
Ruota detta 'a cassetta', viene sfruttato il peso dell'acqua e non la sua velocità o spinta. L'acqua viene temporaneamente immagazzinata in piccoli contenitori, le cassette per l'appunto, sulla parte superiore della ruota e svuotate al compimento del semigiro inferiore. Questo sistema ha un rendimento maggiore rispetto agli altri tipi, non sono necessari grandi volumi d'acqua, ma necessita un dislivello almeno di poco superiore al diametro della ruota che deve essere di grandi dimensioni, richiede inoltre una tecnologia più raffinata nella regolazione e convogliamento dell'acqua, come pure nella costruzione della ruota.
- A metà
Detta anche 'di petto'. Rendimento intermedio rispetto alle precedenti, utilizzata quando il dislivello del salto d'acqua non era sufficiente per alimentare dal 'di sopra' la ruota. Si sfruttava quindi la velocità della piccola quantità d'acqua, dovuta al salto che veniva coperto negli ultimi metri prima di colpire le pale. Necessitava di un sofisticato sistema di canalette che dovevano colpire con precisione le pale, parzialmente strutturate 'a cassetta'.
Elementi costruttivi delle ruote e degli assi
- Albero
E' l'asse di rotazione orizzontale, è detto anche albero motore in quanto, oltre a fare da perno per la ruota di forza, trasmette il movimento agli ingranaggi di distribuzione oppure, nei tipi più semplici, è provvisto di camme per trasformare il movimento rotatorio in discontinuo.
- Razze e bracci della ruota
Sono gli assi di collegamento e trasmissione della forza dalle corone delle pale all'albero fulcro della ruota. I raggi della ruota insomma.
- Corone
Innestate nelle razze, sono la base di appoggio e sostegno delle pale. Come minimo troviamo quattro assi tagliate a quarto di cerchio a formare un cerchio intero, ma più spesso si tratta di una serie di tavolette a formare il cerchio tramite un sofisticato sistema di incastri ed innesti.
- Pale
Le assicelle trasversali innestate sulle corone adatte a sopportare la spinta dell'acqua.
- Cassette
Nelle ruote alimentate 'dal di sopra' sono delle assicelle opportunamente sagomate e a tenuta d'acqua, atte a raccogliere l'acqua dall'alimentazione nella parte sopra della ruota e scaricarla nella parte sotto.
Derivazione e regolazione del flusso d'acqua
- Presa
E` l'opera muraria a monte di tutti manufatti costruiti per far funzionare il mulino, e serve ad innestare e ad alimentare la canaletta artificiale di trasporto dell'acqua verso le ruote. Si tratta in genere di una diga di sassi, muretti a secco oppure ancora di tronchi di legno, edificata allo scopo di innalzare il livello d'acqua e allo stesso tempo catturare la quantità d'acqua guista e il più possibile con portata costante e scolmare l'acqua in sovrappiù.
- Paratoia o saracinesca
Valvola, spesso in legno, in epoche più recenti in ferro, che tramite un meccanismo a leva o a vite, permette di regolare la quantità d'acqua da far convogliare nella canaletta.
- Canale o canaletta
Detto anche roggia, è il canale artificiale che trasporta l'acqua dalle prese al sistema di distribuzione verso le ruote. Poteva essere una trincea scavata sul terreno, una canaletta di mattoni o muratura, oppure ancora in legno.
- Serranda
Altro tipo di valvola, con funzione di regolazione dell'acqua, ma in questo caso è posta sopra la doccia finale di alimentazione della singola ruota e tipicamente era azionata da un meccanismo a leva manovrabile direttamente dall'interno dell'opificio. L'acqua in più, o nel caso che si dovesse fermare e non alimentare la ruota, viene scaricata direttamente nel canale di scarico, baypassando la doccia di alimentazione.
- Doccia
Dopo la suddivisione e la regolazione tramite le serrande, è il tratto finale di canaletta indirizzato a colpire in modo adeguato le pale o ad alimentare le cassette.
Particolare delle serrande di regolazione dell'acqua da far scorrere nelle 'docce' di alimentazione delle ruote. Il meccanismo in questo caso è a leve, ma poteva anche essere azionato con corde e tiranti.
Generalmente la regolazione avveniva direttamente dall'interno dell'officina in modo da modulare con precisione le necessità del lavoro.
Maglio di Pagnano d'Asolo (Treviso)
- Canale di scarico
E' il manufatto, praticamente il proseguimento della roggia, che permetteva lo sfogo dell'acqua dalle pale al torrente o fiume di alimentazione, restituendogli l'acqua prelevata per il lavoro.
Meccanismi interni nel mulino o nei magli
- Castello
Nei mulini di macina per granaglie, è l'impalcatura della struttura interna, prevalentemente in legno, che sostiene tutti i meccanismi rotanti.
Nella parte inferiore si trovano gli ingranaggi e le ruote dentate; spesso la struttura è chiusa a protezione dei lavoratori.
Nella parte superiore, o sopra a formare un vero e proprio pavimento rialzato, sostiene le macine e gli strumenti di alimentazione della macina e la raccolta delle farine.
Tramite i vari meccanismi e ruote dentate, una singola ruota poteva muovere più macine, mentre nel caso vi fosse installato anche un pilaorzo erano necessarie due ruote esterne, in quanto il pilaorzo richede una velocità di rotazione notevolmente diversa dalle macine.
- Ruote dentate, lanterna o lubecchio
E' un meccanismo a ruota, posto tipicamente sotto il palco, che permette la variazione del moto da verticale della ruota a pale ad orizzontale sugli assi delle macine. Serve anche, a seconda del diametro e del numero di denti, alla variazione di velocità tra i vari elementi. Il disco della ruota presenta una serie di denti, anticamente in legno poi in ferro, di particolare forma e sezione adatti ad innestarsi alla corrispondente ruota che riceve il moto.
- Lanterna o rocchetto
Altro tipo di meccanismo per il passaggio del moto da un albero rotante ad un altro.
A differenza del lubecchio, la lanterna anziché presentare dei denti assomiglia molto di più, ma molto più piccola, ad una ruota a pale.
Anziché pale sulla corona della ruota sono innestate delle traversine cilindriche, dette fusoli, in legno atte a ricevere l'innesto dei denti della ruota dentata accoppiata.
L'accoppiamento di queste due ruote di diverso diametro permette quindi di variare in maniera prefissata la velocità di rotazione dei due alberi.
- Nottola
Lastra in ferro sagomato a farfalla, con in centro un foro che va ad incastrarsi sull'asse dell'albero proveniente dalla lanterna. Si trovava sul pavimento del castello ed aveva la funzione di sostenere il grosso peso delle mole ed evitare gli attriti tra le parti in legno.
- Temperatoia
Meccanismo a leve che serve a modificare la distanza, l'aria, tra le due macine, permettendo, entro certi limiti, di variare il tipo e la grossezza del macinato.
- Macine
La macina è formata da due mole dette anche palmenti fatte di grosse pietre (originariamente monolitiche) di forma circolare, di notevole diametro e conseguentemente di grande peso. La mola inferiore era fissa e poggiava sulla nottola del pavimento, quella superiore girava azionata dall'albero di forza, aveva inoltre un foro centrale attraverso il quale veniva fatto scendere il grano, regolato dalla tramoggia. Le macine erano fittamente incise con canalette dall'interno all'esterno, che andavano periodicamente revisionate, e a seconda della profondità, la forma, il numero delle razze e la finezza del taglio, erano adatte ai vari tipi di granaglia e alla grossezza delle farine che si volevano ottenere.
- Tramoggia
Cassetta quadrangolare in legno, che si restringe ad imbuto verso il basso, e racchiude il grano da macinare. E' posizionata sopra la mola in corrispondenza del foro di alimentazione. La quantità da far scendere è regolata da una piccola valvola in legno. Un ingegnoso sistema collegato alle mole, permetteva di trasmettere le vibrazioni del moto delle ruote alla tramoggia, con lo scopo di favorire la discesa uniforme del grano.
- Pilaorzo
Mola in porfido o granito di forma particolare e con innestato un raschiatoio in ferro, lo sbattimento tra le superfici ed il rimescolamento del raschiatoio lo rende adatto alla brillatura (sbucciatura) dell'orzo e del miglio.
- Pestello
Anziché lavorare con moto circolare e sfruttare il peso delle mole per schiacciare i chicchi, il pestello lavora per moto alterno dato da un albero a camme ed opera una specie di pestaggio del materiale posto sulla coppa della macina tramite la testa cilindrica in ferro del pestello, regolabile in altezza a seconda delle diverse necessità. Permetteva quindi la brillatura (sbucciatura) dell'orzo, miglio e riso.
- Maglio
Grosso martellone con il manico formato da un trave di legno e la testa in ferro. Veniva sollevato da una camma dell'albero motore ed era usato nelle officine dove si lavorava il ferro battuto.
- Mantice
Aveva lo scopo di soffiare sul fuoco, prevalentemente di carbone, che serviva ad arroventare il ferro da battere. E' formato da un grosso otre, generalmente a soffietto in pelle, e da una boccola di uscita dell'aria puntata sul fuoco. Viene azionato dal movimento alternativo di una camma dell'albero motore, che permette la gonfiatura ed il rilascio forzato della parte mobile del macchinario. L'ingresso e l'uscita forzata dell'aria era regolato da valvole in pelle.
- Arganello
Paranco, tipicamente con sistema a vite, agganciato al soffitto dell'officina adatto a sollevare la parte superiore, mobile, delle macine. Con il lavoro le mole si usuravano rapidamente e non macivanano più con cura il grano, il mugnaio doveva periodicamente revisionarle, anche ogni paio di settimane nei periodi di intenso lavoro. L'operazione era detta battere mola e consisteva nel riscolpire le incisioni, scalpellatura, sulla superficie di pietra della mola