Mestre - origine, storia ed evoluzione della città e il centro storico negli ultimi 50-60 anni
L'origine di Mestre è ignota, la documentazione iconograficamente documentata è solo a partire dagli inizi del 1600.
La leggenda racconta di Mesthie, figlio di Pilemene re della Paflagonia, sfuggito alla distruzione di Troia.
Racconta della selva Fotontea che si estendeva sulla costa della pianura e verso il mare dove la linea costiera, causa i continui cambiamenti dei grandi fiumi, formava delle catene di dune e vaste lagune.
La linea costiera era rettilinea e non esteva il Delta del Po, formatosi in epoca medioevale, e al tempo dei romani potentissima era la città di Atria (Adria, da cui il nome del mare) antico porto.
Lagune e dune formavano delle fortezze naturali e un'altra leggenda racconta dell'accampamento romano del centurione Mestrius,
lungo la via Popilia tra Adria e Altino, antiche città paleo-venete.
Per risalire alla struttura della città, ci si può avvalere di un numero abbastanza modesto di documenti che attestano in particolare: l'esistenza di un primitivo castello nell'area oggi occupata dall'ospedale, la formazione della città murata fondata dai trevigiani attorno al XIII secolo e completata dai veneziani nel XV, in un luogo prossimo ma inspiegabilmente discosto da quello in cui era sorto Castelvecchio.
Possiamo ritenere che Mestre abbia cominciato a maturare una coerenza urbana complessiva a partire dalla seconda metà del Trecento quando il dominio veneziano, subentrato a quello trevigiano, garantì condizioni di sicurezza e di prosperità tali da incoraggiare consistenti espansioni.
Un organismo urbano ben organizzato e abbastanza articolato, che dopo di allora per circa due secoli non solo rimarrà privo di significative rigenerazioni, ma andrà progressivamente perdendo il principale segno distintivo della sua immagine, le mura, che già in una vista prospettica dei primi del Seicento appaiono diroccate in uno degli elementi più importanti e cioè la porta che dà sulla piazza.
Quella perdita non troverà più risarcimenti di pari forza strutturale. Infatti né con l'innesto degli interventi residenziali e di servizio legati al diffondersi nel Settecento, della moda della villeggiatura dei veneziani, né con quelli successivi dell'Ottocento legati alla prima industrializzazione e alle nuove infrastrutture di trasporto, emergeranno le basi di una convincente riconfigurazione.
Nel dopoguerra (anni 50), il processo d'urbanizzazione di Mestre è avvenuto in modo così accelerato e caotico da sembrare illeggibile, ed i problemi che si sono accumulati ed intrecciati sembrano non risolvibili.
Dopo il Piano Regolatore Generale del 1962 e anche oggi, la città in parte si sta ancora sviluppando secondo quei modi, in particolare rispetto alle sue caratteristiche storiche, considerate a priori inesistenti o comunque tali da poter essere sostituite di regola con nuovi e più voluminosi edifici, il cui insieme ha prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Una conoscenza approfondita della città mostra invece che vi è una maglia ed una struttura storica e ambientale, la quale però non è così consistente e immediatamente evidente come in altre città, ma richiede uno "sguardo" attento e una precisa intenzionalità per essere individuata.
Si tratta di una struttura storica con segni ed elementi più forti, ed altri più tenui.
I segni consistenti sono le fasce fluviali dirette verso la laguna, la gronda lagunare, il canal Salso, l'imponente sistema dei forti, ciò che resta del centro antico di Mestre. Sono in gran parte dei segni che legano storicamente Mestre e Venezia: il Canal Salso è come un cordone ombelicale con Forte Marghera che è grande quanto l'intero centro storico di Mestre, e con la laguna; il campo trincerato di Mestre, costruito nel tardo Ottocento e completato alla vigilia della prima guerra mondiale, è disposto a ventaglio in terraferma a difesa dell'Arsenale.
Quel che resta del centro storico di Mestre, è un insieme frammentato di parti che via via hanno perso l'organica necessità da cui avevano tratto origine.
Ora ben visibili e apprezzabili grazie ad un recente intervento.
Ripercorreremo le trasformazioni di questo nucleo storico attraverso i tre elementi sopravvissuti alla sfrenata prassi edificatoria che ha caratterizzato la città nel primo dopoguerra (anni '50); la Piazza Maggiore (ora Ferretto) la Torre Civica e via Palazzo.
- La prima, che fu il più importante borgo esterno della città murata medievale, è il luogo più frequentato della terraferma veneziana.
- La seconda, che conserva al proprio interno, l'ultima porta urbana sopravvissuta alla progressiva distruzione della cinta difensiva, è il simbolo della città.
- La terza infine è la strada, protetta un tempo dalle mura, che in maggiore misura conserva la dimensione e l'immagine passate di Mestre. Piazza, torre e strada, per effetto delle trasformazioni succedutesi nel tempo, hanno smarrito il senso del loro originario rapporto.
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La piazza
Piazza Ferretto, prima conosciuta come piazza Maggiore e Umberto I non ha conosciuto sostanziali trasformazioni, con qualche eccezione di vistosa ferita come, in particolare la demolizione della casa merlata all'angolo di via Battisti e l'isolamento della Torre dalla case attigue con il piano Rosso del 1937-42 che prevedeva ulteriori interventi per la piazza di Mestre.
L'ingegner Antonio Rosso, pensando alla "nuova" Mestre prevedeva una piazza che prefigurava molto simile a quelle delle nuove città che il regime andava erigendo sulle bonificate paludi Pontine: sul lato settentrionale la torre prevalentemente liberata dalle casette che vi erano addossate, era prevista al centro di un'unica scena con la nuova sede della Cassa di risparmio da un lato il nuovo centro direzionale dall'altro.
Dagli anni 50 fino alla fine degli anni 80 inizio 90, la piazza più che luogo d'incontro dei cittadini era sopratutto luogo centrale del traffico, lo testimonia la presenza d'auto nelle foto del dopoguerra, ed il piano del traffico dell'83 che individua nel centro storico uno dei nodi cruciali da risolvere.
Si legge nel piano:
"del traffico di Mestre il 40% sia traffico specifico del Centro Storico (abbia cioè origine e/o destinazione nel Centro Storico stesso), mentre il restante 60% sia ad esso estraneo, pur attraversandolo.
Un dato di fondamentale interesse deriva dall'analisi del traffico d'attraversamento che, come si è visto, rappresenta una quota così cospicua del traffico totale interessante il Centro.
Si può notare infatti come oltre il 51% del traffico totale sia costituito da movimenti interessanti il Centro Urbano, e cioè le aree comprese tra l'anello tangenziale ed il Centro Storico, mentre solo l'8% abbia sia l'origine che la destinazione esterne all'anello.
Questo significa che il traffico d'attraversamento del Centro Storico è rappresentato per l'82% da traffico da e/o per il Centro Urbano".
Inoltre il P.u.t. rende evidente come le aree attualmente pedonalizzate a Mestre sono essenzialmente tre, create in conformità a problemi particolari (strade chiuse o di difficile accesso, zona ospedaliera) e non rispondono quindi ad un piano coordinato di pedonalizzazione del Centro Storico.
Sul piano delle proposte invece sembra essere largamente accettata l'ìdea della pedonalizzazione di piazza Ferretto.
Oggi dopo l'intervento dell'arch. Zordan (prog.1994, realizzazione 95-97), la Piazza rivive della sua storia.
Gli usi dello spazio previsti dal progetto sono gli stessi che preesistevano, distribuiti e regolamentati però in modo diverso.
Così le manifestazioni e gli spettacoli principali potranno avvalersi come di un vero e proprio palcoscenico.
E' il piano rialzato ricavato tra piazzetta e palazzo Da Re e la fontana, disegnata per far da cornice alla scultura di Viani.
I comizi potranno tenersi dall'arengo che, prolungando piazzetta Matter, si protende verso piazza Ferretto, orientato a mo' di belvedere, sulla scultura stessa.
I tavolini dei bar si disporranno nell'area compresa tra le file principali dei lampioni e i portici.
I giornali continueranno ad essere venduti nelle edicole, appositamente progettate e disposte, a differenza di quelle precedenti, in punti spazialmente nodali e significativi.
Purtroppo negli ultimi anni le destinazioni d'uso dei negozi della piazza sono cambiati.
Da negozi con merci di uso comune (fruttivendoli, droghieri, casalinghi etc.) a Mc.Donald, boutique di grandi marche, negozi di cellulari etc.
Se dall'organizzazione dello spazio la piazza guarda al suo passato, dal punto di vista degli usi lo rinnega, tant'è vero che "l'antico" mercato che si faceva nella piazza Maggiore oggi è relegato nella piazzetta Coin, luogo privo di storia e con il nome di un centro commerciale.
La torre civica
La città murata, ancora in buona parte riconoscibile nell'attuale di Mestre, si trattava dunque di una piccola città che tra l'inizio del seicento e la prima metà dell'Ottocento non mostrava modificazioni strutturali di rilievo se non nella sua strada principale, "Borgo Palazzo", che cambia tracciato in prossimità della "porta della Loza", che la concludeva.
In questo periodo, dopo aver perduto ormai da tempo importanza difensiva, venne affiancata dalla strada che in precedenza l'attraversava e dotata di un orologio che continuava ininterrottamente a scandire, il tempo della città unendo a questa sua funzione primaria altre funzioni via via diverse e talvolta singolari, ad esempio, quella di osteria.
In rapporto ai suoi utilizzi, la Torre ha subito vari rimaneggiamenti che non hanno cancellato la struttura d'origine ancora perfettamente leggibile.
Nell'attuale paesaggio urbano, la Torre si presenta come un relitto difficile comprensione e restituisce solo in minima parte i complessi messaggi che, imprigionati, porta ancora impressi.
Inoltre, il ruolo ordinatore urbano che le fu proprio nel dividere e mettere al contempo in comunicazione l'interno con l'esterno della città murata, e che in potenza ancora mantiene in misura considerevole, risulta non solo fortemente sminuito, ma addirittura travisato.
I motivi dipendono dal fatto che
- dalla parte della piazza, laddove un tempo tra le mura e il borgo c'era l'intervallo di uno spazio aperto solcato dal Marzenego, nel periodo del boom edilizio (anni 50-60) si è venuto a creare un tessuto continuo che, ricoprendo anche il fiume, ha cancellato con le originarie barriere difensive, costituite dal fossato, ogni traccia d'interruzione nella sequenza degli spazi.
- verso via Palazzo invece, lo spazio interposto tra questa e la Torre, diventato parte di un nuovo asse viario che ha lacerato nell'ultimo dopoguerra il tessuto della città murata, appare oggi come il segno di una frattura sempre esistita.
Questo effetto è rafforzato dalla frastornante concrezione edilizia formatasi nel tempo su tre lati della Torre e costituita: a sud, verso la piazza, da una costruzione di piccole dimensioni più volte rifatta, da due edifici la cui origine risale al XVII-XVIII secolo, confinanti tra loro sul tracciato delle vecchie mura; a nord infine, da un edificio per negozi, costruito una quarantina di anni fa, in sostituzione di due modeste case che avevano preso il posto di un antico fabbricato, abbattuto nella prima metà dell'Ottocento per allargare la strada e ricavare un piccolo portico pedonale entro la Torre.
Il progetto di recupero della Torre, sempre ad opera dell'Arch. Zordan (prog. 1999 lavori ancora in corso), si propone di perseguire, nell'ambito più specifico del problema della conservazione dell'edificio, due obiettivi
- il primo, di valenza storico-architettonica, è quello di far riapparire il segno più importante dell'origine medievale rimasto sin qui sconosciuto: la porta urbana.
- il secondo obiettivo, di valenza urbanistica, è conseguenza del primo.
Per realizzare quest'ultimo infatti, occorre liberare il vano porta dagli elementi che impropriamente un po' alla volta lo hanno invaso impedendone una corretta lettura.
Ciò implica il fatto che si acceda ai piani superiori della Torre non più dal suo piano terra, ma, in analogia a quanto avveniva un tempo per motivi difensivi, da un ingresso sovrastante, raggiungibile oggi scomparse le mura, solamente con una scala.
via Palazzo
L'organizzazione di Mestre entro la cinta delle mura era impostata su tre strade principali che si attestavano sulla porta occidentale di Belfredo, su quella orientale dei Molini e su quella meridionale della Loggia, disposta sino ai primi anni del Seicento, alla base della Torre.
La strada, rimasta a lungo in terra battuta costipata su un fondo di brecciame in laterizio, correva a circa 70 centimetri sotto l'attuale livello.
Nell'Ottocento fu realizzato un pavimento di ciottoli, sul quale successivamente vennero posati i binari del tram, soppresso negli anni trenta.
Gli edifici, costruiti o ricostruiti in epoche molto diverse tra loro.
Via Palazzo è stata anch'essa vittima del traffico negli ultimi anni, ora è stata restituita ai pedoni, grazie al progetto integrato con la piazza e la torre.
prima e dopo il recupero
Il progetto realizzato ha previsto
- l'organizzazione, in secondo luogo, delle pendenze e la disposizione dei mattoni con orditure diverse e in riferimento esplicito, anche se non meccanico, all'antica porta della Loggia, in vista della sua liberazione dall'edificio che la ostruisce;
- di abbassare la quota di calpestio della strada mediamente di 30 centimetri, a partire dal municipio, ricavando tra questo e la Provvederia una piazzetta che, al confine con viale Garibaldi, marca l'inizio dell'arca pedonale del centro storico;
- di mantenere la pavimentazione in trachite e la quota di calpestio degli attuali portici;
- di lasciare irrisolta la sistemazione del tratto di asse viario che interseca a sud via Palazzo.
Questo perché è parso necessario definire per tutto il centro storico un codice unitario di materiali e segnali per indicare non solo questa, ma tutte le interferenze del traffico veicolare con quello pedonale.
L'altra faccia storica: canali, fiumi e bosco |
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Il Canal Salso
Divenuto possesso veneziano nel 1337, il porto sul Marzenego dimostrava sempre più inadeguato all'intensità dei traffici tra Venezia e la Terraferma, perciò la Repubblica pensò di aprire una nuova e più grande via d'acqua che collegasse direttamente Venezia al cuore di Mestre e non ad una sua propaggine come Cavergnago.
Così, nel 1361 i Veneziani, utilizzando probabilmente l'antico letto del Musone, scavarono un canale artificiale da S. Giuliano fino all'attuale Piazza Barche, chiamandolo Cava Gradeniga, vale a dire l'attuale Canal Salso.
Era una via di comunicazione più larga, profonda e sicura ed essendo un canale, non era Canaletto: Veduta del Canal Salso
soggetta ad allagamenti come poteva capitare invece al Marzenego.
L'11 gennaio 1846 fu aperto al traffico il ponte ferroviario translagunare e da allora, il trasporto merci via treno ebbe la meglio su quello, più lento, precario e costoso su barca, che continuò soltanto per i prodotti agricoli della campagna mestrina (polli, latte, uova, verdura, frutta, vino).
Alla fine del secolo, il Canal Salso fu utilizzato ancora per le prime industrie sorte nella zona, ma dopo la nascita di Porto Marghera e la costruzione del ponte stradale perse anche queste sue ultime funzioni.
La parte terminale del canale era quindi già da tempo inutile, perciò un primo tratto fu interrato nel 1933 per permettere al Corso del Popolo di congiungersi con Piazza Barche e altri due tratti negli anni '50 e '80, così che alla fine la piazza risultò molto più lunga, con una serie di distributori e un parcheggio che fanno da spartitraffico.
Il Marzenego e il porto di Cavergnago
Il Marzenego è un fiume di risorgiva che nasce in territorio asolano e viene poi alimentato dalle acque della Brentella, del Musonello e da altre risorgive provenienti dalla zona di Fratta di Resana. Poco prima di Mestre riceve le acque del Rio Cimetto, cioè quello che resta dell'antico Musone e poi si divide in due rami, a nord e a sud di Piazza Ferretto.
Mappa del '500 con i due rami del Marzenego
Quello a sud, che riprende l'antico alveo del Musone, era detto un tempo Rio delle "Muneghe" (a causa del convento di monache benedettine sorto nel XV secolo lungo la riva) ed è stato interrato negli anni '50 tra Via XX Settembre e Via Poerio, per risalire poi in superficie all'altezza di Via Fapanni.
Il ramo nord costeggia l'area dell'Ospedale, Piazzale Candiani, passa sotto il Ponte delle Erbe e raggiunge la Pescheria Vecchia, dove si ricongiunge con il ramo sud che lì riemerge.
Il tratto finale era un tempo più tortuoso, ma i veneziani lo hanno reso rettilineo creando un canale detto "Osellino" che scorre poi parallelo alla gronda lagunare fino a sfociare in laguna all'altezza di Tessera.
Il bosco di Mestre
Dagli anni '50 e '60, Mestre ha sofferto per la carenza di aree verdi che fossero proporzionate alla dimensioni raggiunte dalla città.
Queste aree, un tempo esistenti (basti pensare al centralissimo Parco Ponci), vennero praticamente eliminate del tutto con lo sviluppo urbano degli anni del "boom" economico. Negli anni '80 è stato aperto il primo grande parco cittadino alla Bissuola, con un Centro Civico, un teatro, una biblioteca-emeroteca, una piscina e varie attrezzature sportive ed in seguito il parco di via Piraghetto, dall'altra parte della città.
Negli ultimi anni sono stati portati avanti due grandi progetti di riqualificazione ambientale nell'immediata periferia della città.
Il primo riguarda il Parco di S. Giuliano, un grande parco di gronda lagunare che recupera l'intera area compresa tra Forte Marghera e San Giuliano e da, finalmente, alla città uno sbocco sulla laguna, fruibile come area verde dai cittadini.
Il secondo progetto è stato fortemente voluto dallo scomparso Prosindaco Gaetano Zorzetto.
Si tratta del cosiddetto "Bosco di Mestre", una grande opera di riforestazione di varie zone della periferia mestrina in modo da ricreare, per quanto possibile, parte dell' originaria zona boschiva che caratterizzava l'entroterra veneziano, almeno fino al nostro secolo, quando il territorio è stato fortemente cementificato o comunque utilizzato dall'uomo.
Si tratta quindi, sia di recuperare delle aree verdi sopravvissute, sia, soprattutto, di rimboschire nuove superfici. Ciò non avverrà con un'unica grande area a sè stante, ma con una complessa rete forestale che cercherà di unire la campagna, i parchi già esistenti, i resti di bosco e le zone dei Forti, creando una cintura di verde attorno alla città.
Le aree scelte recupereranno i tracciati degli antichi boschi (come quello di Valdemar a Carpenedo) e delle zone fluviali (Marzenego e Dese), perché un terreno che già ospitava un bosco meglio si presta ad una cultura arborea.
Questo progetto trova ampio respiro nel P.R.G. del 2002, coordinato da Leonardo Benevolo.
vedi approfondimenti
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Proposte per il futuro
I vari interventi di recupero che sono stati realizzati e progettati negli ultimi anni per Mestre vanno sicuramente lodati, ma difficilmente hanno tentato o in fase di realizzazione non sono riusciti a relazionarsi con il resto della città.
Prendendo l'esempio del centro storico, che già trova difficile integrazione tra piazza Ferretto e via Palazzo, risulta "un'isola felice" in mezzo ad un agglomerato di cemento.
Il parco di San Giuliano o il bosco Mestre, non riescono a rapportarsi con l'antico centro medievale; tutto rimane frammentato dalla struttura imposta nello sviluppo sperequato degli anni 50 e 60.
Penso che il successivo passo per una corretta pianificazione dell'area mestrina sia ricreare le connessioni tra questi luoghi in un mare di non luoghi; si badi però a non intendere connessioni delle semplici piste ciclabili o dei filari d'alberi, senza storia e senso, che cercano il percorso meno compromettente per il traffico automobilistico.
Dobbiamo recuperare l'antica struttura storica e ambientale del luogo, e attraverso questa restaurare gli antichi fili connettori (il Canal Salso e il Marzenego per esempio) che hanno caratterizzato il territorio.
In questo modo oltre a collegare i luoghi ambientalmente e storicamente pregiati, si andrebbero a risolvere una serie di problemi che attualmente affliggono la città.
Carlo Piovan - Venezia-Marghera