Leone di San Marco, Leone di Venezia
il simbolo della Veneta Serenisima Republica
In suo nome e sotto le sue ali protettive Venezia ha solcato mari e intrapreso battaglie.
Il leone alato è l'icona dell'Evangelista protettore della città e della millenaria repubblica.
Il leone, come simbolo della Serenisima Republica, ancora campeggia sornione in moltissime piazze e palazzi delle cittadine venete nonostante la metodica 'strage' attuata durante la campagna Napoleonica, sia ad opera dell'esercito francese e sia dai 'locali' allo scopo di festeggiare e far bella figura nei confronti dell'illustre conquistatore.
Il leone ha una sua simbologia di derivazione popolare, non supportata da codifiche 'ufficiali'.
Con il libro aperto, la versione più diffusa e famosa, ad indicare che quella cittadina doveva pagare le tasse.
Con la zampa -ea sata- sopra il libro chiuso, le varianti con la spada, lo spadone puntato sul libro oppure rivolto verso l'alto, 'el spadon de guera', privilegio delle cittadine di confine esentate dalle tasse per meriti di guerra o per 'tenersele buone e fedeli', come il bellissimo Leone di Valstagna.
E poi col leon in piedi, andante (di profilo, in piedi su tre zampe) e rivolto a destra oppure a sinistra, e ancora seduto, e le espressioni facciali più o meno bonaccione o sornione...
In 'mo
leca': di fronte e accovacciato, all'apparenza simile al granchio (=mo
leca), simbologia molto utilizzata nelle monete e nei sigilli per la sua compattezza grafica.
L'icona del Leone era utilizzata quale sigillo nei cippi confinari.
Cippo di Conterminazione lagunare
La conterminazione segna il confine tra le zone di acqua dolce e le zone di acqua salmastra o salata.
Lungo questa linea vennero approntate numerose opere idrauliche atte a preservare lo sversamento di acqua dolce in laguna.
Ed anche impianti e postazioni militari, come il grande forte Marghera, vera e propria porta d'accesso alla città di Venezia.
Per preservare la laguna dall'interramento, questo innanzitutto a scopi difensivi e militari, la Serenisima Republica affrontò grandiose opere di deviazione dei grandi fiumi veneti: la Brenta, il Sile, la Piave vennero fatti sfociare direttamente in mare, fuori dalla laguna, e tutti gli innumerevoli fiumiciattoli della semipaludosa immediata terraferma vennero rigidamente regolati.
Nella foto la lapide, del 1701 con il Leone di San Marco sfregiato su ordini napoleonici, sul ponte del vecchio canale 'Cava Gradeniga', parzialmente l'attuale Canal Salso nell'area dove ora si trova il
forte Marghera.
Cippi confinari
Nel corso dei secoli vi sono sempre state diatribe, soprattutto per problemi legati alle aree di pascolo, e campanilismi circa i confini tra le varie comunità della Serenissima ed in particolare tra quest'ultime e la linea di "confine di stato" con le terre trentine, facenti parte dell'impero Austro-Ungarico.
In particolare molto note e citate sono le vicende tra San Vito di Cadore e Cortina d'Ampezzo, risolte con la costruzione della "Muraglia del Giau".
Ben note anche le diatribe tra la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni (Altopiano di Asiago) e la Comunità della Valsugana, per i pascoli della Marcesina e per la linea di confine sulla cresta montuosa attorno a Cima XII.
Vicenda leggermente diversa riguarda i confini "interni allo stato Veneto" tra i comuni della pedemontana trevigiana e quelli della Valbelluna per la linea di confine tra il monte Cesen e il Praderadego, conclusasi dopo una secolare trattativa che portava il confine tra Mel e Miane al bellissimo "Volt di Val d'Arc", un ponte naturale di roccia, come attestato nelle incisioni in loco.
I confini tra comuni erano normalmente segnati con incisioni di croci e sigle, in genere evidenziate dipingendole di rosso, su rocce o posti caratteristici.
Riguardo la controversa linea di confine tra la Serenissima Repubblica di Venezia e l'Impero Austro-Ungarico, la questione venne risolta con un trattato internazionale e la posa di cippi nel 1751/52.
I grandi cippi, ancora presenti in diverse zone ed ancora determinanti per il confine tra la Regione Veneto e la Provincia Autonoma di Trento, sono delle vere e proprie opere d'arte, molto belli.
Da considerare che praticamente fino alla metà del settecento i confini tra i vari stati erano da sempre stati qualcosa di "incerto" e, soprattutto, mai muri di divisione tra comunità bensì zona di "osmosi" e scambi, soprattutto culturali, tra confinanti.
Persino le guerre non vennero mai combattute presidiando le linee di confine.
Linee di confine ben controllate invece soprattutto per gli aspetti fiscali, i dazi, e il rincorrersi tra contrabbandieri e guardie.
E' dal settecento che si fa sempre più presente la centralizzazione statale, con la conseguenza di radicare sempre più l'appartenenza della popolazione al concetto di nazione, fino ad allora quasi sconosciuto tra i popolani.
Questo spiega lo svolgersi, ad esempio, della Grande Guerra proprio presidiando la linea "fisica" del confine, cosa mai avvenuta prima ad esempio nemmeno con le non di molto precedenti guerre risorgimentali, anch'esse combattute prevalentemente nei territori veneti-lombardi.