Arina di Lamon, Cavalea
Una facile passeggiata, vivamente consigliabile, tra le contrade più disperse di Lamon per cogliere l'essenza della montagna feltrina, emozionante ed in bilico tra abbandono e vitalità ancora genuina.
l'escursione in dettaglio
Si parte dalla chiesa di Arina (m.760), semplice edificio restaurato nel 2009, che riassume la condizione di rusticità di questi luoghi così lontani dal consumismo spendaccione e dai ricchi interventi di 'recupero e valorizzazione'.
Si prosegue, a sinistra della chiesa, per la stradina a mezza costa sulla profonda Valpora.
La stradina è in parte sterrata e dopo il bivio per le case di Gai, che si vedono dall'alto, si passa accanto al gruppetto di case di Piloni molto interessanti architettonicamente.
Alcune sono in gravissimo stato di conservazione.
In due chilometri e mezzo si arriva a Chiappini (m.930), dove termina la stradina.
Un tempo era un borgo abitato da centinaia di persone, dissanguato dell'emigrazione, ora vi salgono saltuariamente i pochi che hanno restaurato e recuperato, sempre rusticamente, alcune bellissime case.
Al centro, lungo il viottolo principale, spicca un bellissimo capitello sormontato da un originale campaniletto.
Superato l'accatastamento di case si esce in un pianoro terrazzato, un tempo fertile terreno minuziosamente lavorato e indispensabile risorsa alimentare per la comunità, ora facile insediamento per l'avanzare della boscaglia.
Si prosegue nell'unico sentierino che, attraversato in leggera salita il bosco, sbuca all'isolata Osteria Cavalea (m.1.050), lungo la strada Arina/Celado.
Il posto è panoramicissimo sull'altipiano lamonese sovrastato dall'imponente mole del monte Coppolo.
Si riprende il cammino sulla stradina, in parte cementata, del Col di Tei (tiglio) (m. 1.125).
Lungo la dorsale, in parte erbosa, del colle si alternano splendide visioni verso il Coppolo, le Vette Feltrine, l'altopiano sovramontino.
Mantenendo sempre la dorsale, al termine della stradina si scende per un breve ripido sentiero a Toffoli, dove si trova la chiesetta della Madonna del Caravaggio e dove a fine maggio si tiene una festa.
Con una breve digressione si possono visitare le poche case di Barbetta.
Da qui si può vedere, più in basso sempre lungo la dorsale collinare, il campanile di Arina al quale si mira passando per alcuni gruppi di case.
l'interno, restaurato nel 2009, della chiesa parrocchiale di Arina
Arina di Lamon e loc. Chiappini (m. 760)
Se si cercano spunti, informazioni, documentazione sullo straordinario stile architettonico della casa 'alla feltrina', tra Gai, Piloni e Chiappini vi sono esempi davvero interessanti, anche se molti sono giunti ormai al limite della 'sopravvivenza'.
Qui possiamo vedere gli originali, non le lussuose imitazioni di cattivo gusto e falsa funzionalità.
L'esplorazione di questi posti lascia forti sensazioni di dolore per la perdita inesorabile di quelle che sono le radici più profonde dell'identità veneta.
E', comunque, un miracolo, una specie di macchina del tempo il fatto di poter vedere ancora (ma per quanto?) cose e case, che emergono dall'immaginario del tempo, che permettono anche a noi di percepire, odorare, toccare, la dura e grama vita dei secoli scorsi.
Anche se ormai le anime, gli uomini, non ci sono più.
Fatica, terrazzamenti, fagioli, patate, polenta, pellagra, mucche, pecore, nidiate di figli da sfamare.
Luoghi dissanguati dall'emigrazione di fine ottocento e dei primi del novecento, alla rincorsa di quel progresso che ora ci pone interrogativi, ma che allora era speranza di vita migliore dopo la rottura di quell'equilibrio, sia pure gramo, durato millenni, scardinato dalla rivoluzione industriale e forse anche dagli avvenimenti politici seguiti alla calata di Napoleone e all'unità d'Italia.
Questi posti sono interessanti anche per farci capire come si concretizzerebbero i bei discorsi, con cui ci riempiamo la bocca, quando parliamo di biotecnologie, sobrietà povera, vita in sintonia con le risorse naturali, autarchia alimentare, solitudine ed isolamento, rifiuto dei gingilli tecnologici.
E tuttavia ci si augura che queste borgate non siano intaccate da 'Progetti Europei', da interventi di 'valorizzazione e sviluppo', da iniezioni di denaro finalizzate al 'recupero delle emergenze storiche', da appalti miliardari per la costruzione di strade.
Con tanto dolore.