Villafranca Padovana
Il riferimento documentato più antico è del 1190 e riguarda gli atti con cui il Vescovo concede l'autonomia alla chiesa fino al allora dipendente da Limina (Limena), dandole giurisdizione sulle cappelle di Tajè, Ronchi, Campolongo (Campodoro).
La vasta campagna che si protende a cuneo verso la vicina Padova, fu nel medioevo particolarmente contesa con i Vicentini-Scaligeri e luogo di passaggio lungo la via della transumanza dagli altipiani lungo l'asse del Ceresone a Bevador (vedi Torre Rossa) e l'antica romana Via della Lana.
Il Comune di Padova e successivamente i Carraresi, concessero ampie autonomie ed in particolare l'istituzione di un mercato libero da tasse e balzelli e da questo fatto dovrebbe derivare il termine di Villa Franca.
La cosa era abbastanza comune per le località di confine o a ridosso di obettivi strategici particolarmente delicati pur di accapparrarsi la benevolenza della popolazione, si pensi in questo caso al ruolo del
canale Brentella, scavato nel 1314, e all'importanza che ebbe nelle dispute con i vicentini che deviarono il Bacchiglione-Bisatto pur di lasciare 'a secco' la città.
Taggì di Sopra, Taggì di Sotto e Ponterotto
Toponimi di origine romana, da tilietum (tagliare) riferito al disboscamento per ricavarne terreno agricolo, poi declinato nel volgare Tajè (termine ancor oggi usato).
Il termine, in particolare la mai nominata negli antichi documenti suddivisione tra 'di Sopra' e 'di Sotto', potrebbe riferirsi anche alle sponde del
fiume Brenta ramo Medoacus Major che, prima dell'alluvione del 589, tagliava in due la località.
Riferimenti certi si hanno dall'anno 1190, legati alla chiesa madre di Villafranca, a sua volta istituita separandola da Limena.
Ponterotto, chiaro riferimento alla distruzione del ponte sul canale Brentella, erano le poche case lungo la 'Via della Lana', l'antica strada romana che da Ponte Molino (Padova) conduceva a Marostica.
Santuario della Madonna delle Grazie
Eretto nel 1499 a ricordo dell'apparizione della Madonna avvenuta nel 1479 ad una fanciulla muta e della grazia della parola.
Le linee architettoniche sono semplici ma eleganti, la struttura a capanna ad una navata a capriate lignee è abbellita da affreschi.
In epoca recente venne edificato un chiostro abbellito con un interessante ciclo di affreschi.
All'esterno è stato ricavato un parco di spiritualità e realizzata una Via Crucis.
Barchessa Thiene, ora Marcolin
La barchessa doveva essere la dipendenza di una villa veneta adibita alla villeggiatura e centro direzionale dell'attività agricola, nella piena tipicità dell'epoca.
L'inserimento della costruzione di Villafranca tra i beni storico-artistici della provincia di Padova è giustificato dal nome del progettista: Andrea Palladio.
Infatti, il Palladio aveva fatto il disegno di una grande villa da edificarsi in località Cicogna di Villafranca per conto di Francesco Thiene e dei due figli Odoardo e Teodoro amici personali dell'architetto, nei terreni acquistati nel 1539.
Il Palladio, nei 'Quattro libri dell'architettura', registra che il Thiene diede inizio alla costruzione, ma morì quasi subito nel 1556.
Come attesta una mappa, nel 1563 il cantiere era in piena attività, però i lavori si arrestarono quattro anni dopo, quando Odoardo fu costretto a lasciare Vicenza per motivi religiosi.
La nobile villa avrebbe dovuto essere grandiosa, con loggia imponente su due piani e colonne corinzie, con quattro torricelle a caratterizzare gli angoli e un'ampia monumentale scalinata d'ingresso.
Solo la barchessa a nord fu portata a termine.
Nei progetti doveva essere connessa alla villa con un porticato ricurvo, in modo da circoscrivere con la barchessa a sud, solo parzialmente conclusa, una grande corte interna alla casa padronale, della quale furono realizzate solamente le fondamenta.
La barchessa ancora esistente, alla quale nell'ottocento fu addossata una modesta abitazione, presenta cinque archi.
Nell'alto cornicione e nei bugnati, si riconoscono la finezza, la nobiltà, la forza che distinguono le opere del Palladio.
Villa Maschio
La seicentesca villa in località Villaranza è stata voluta dai Contarini, già proprietari della sfarzosa villa a Piazzola sul Brenta.
L'edificio principale è molto elegante, coronato da una timpanatura barocca con un imponente orologio e fiancheggiato da due barchesse.
Il tutto immerso in un ampio parco-giardino.
Accanto alla villa l'oratorio di Sant'Antonio, ancora usato per funzioni religiose e, poco lontano, un edificio probabilmente adibito a convento.
Torre Rossa di Bevadoro
Il confine tra i contadi Padovano e Vicentino in epoca feudale e comunale, tra il XII e il XIV secolo, venne a lungo conteso anche con aspre battaglie.
In questo contesto i passaggi strategici tra le rogge che segnano il naturale confine vennero più volte fortificati con turriti castelli, dei quali la TorreRossa di Bevadoro rimane uno dei pochi tipici esempi.
L'alta e massiccia torre era un importante punto di osservazione sulla piatta campagna, ancor più importante della funzione di arroccamento e difesa.
Si presume sia stata eretta su ordine di Ezzelino III da Romano.
Tutte le strutture militari esistenti, con la 'Donazione' alla Serenissima del 1404 dei territori padovani e vicentini, vennero dismesse dai veneziani e vendute a privati.
Il castello, sovrastato dall'imponente torre, venne trasformato in residenza signorile ed ingentilito con balconi in stile veneziano.
Nell'ottocento le residenze di campagna sono il centro dell'attività agricola e prosperano barchesse e mulini, come attorno alla turrita abitazione e lungo il fiume Ceresone.
A metà del XX secolo la casa residenziale è in abbandono e la rossa torre fatiscente.
Colpo di grazia il 'terremoto del Friuli' del 1976, allorquando la struttura devastata da un'enorme crepa rischiò di crollare, e questo costrinse ad un radicale intervento di restauro e di recupero con la pregevole e certosina opera del proprietario.
Bevadoro
L'antico paese di Bevador fu per lungo tempo comunità autonoma sulla via dell'importante transito tra Vicenza e Padova ed anche sul transito di transumanze tra l'altopiano e la campagna ai margini di Padova.
Il nome potrebbe derivare da romanico 'Bibatorium', abbeveratoio, riferito alla località quale punto di sosta e ristoro in particolare per gli animali.
Ancor in epoca veneziana, con le vicende dell'invasione lanzichenecca dei collegati alla Lega di Cambrai e l'assedio di Padova (1509), il borgo venne pesantemente saccheggiato.
Campodoro
Fino al 1867, con la razionalizzazione dei territori comunali annessi all'Italia, si chiamava Campolongo Minore e con l'unione con Bevadoro i due toponimi vennero contratti a formare Campodoro, ora sede comunale.
Ronchi di Campanile
Il toponimo Ronchi è di tipica derivazione romana ed indica l'opera di disboscamento e adattamento all'attività agricola, probabilmente in epoca feudale venne aggiunto il termine 'Di Campanile' dal nome di una famiglia locale.
Esistevano in zona, e in parte esistono, mulini ed alcune ville seicentesche, quali Villa Mugna, Villa Bacchetti Bonomi, Villa Colletti Suppiej e Villa Borromei Rossato.
Con la costruzione della ferrovia e per la vicinanza alla statale Padova-Vicenza, l'espansione industriale della seconda metà del XX secolo ha portato a Ronchi una vastissima zona industriale che ha devastato l'impronta di sonnolento agglomerato di case campagnole di contadini.