il Casone Veneto - ultimi esempi in Saccisica
Più ancora delle ville, dei cascinali, delle corti e dei castelli, il casone ha caratterizzato la campagna e la civiltà rurale veneta per oltre un millennio, dalle invasioni dei barbari fino a pochi decenni or sono, anche se la sua storia affonda le radici nelle abitazioni paleovenete.
Non si tratta di una rudimentale capanna, ma di una vera e propria
cultura abitativa molto evoluta atta a sfruttare nel migliore dei modi quello che la campagna offre. Da non confondere con i casoni lagunari, capanne abitate salutariamente per la pesca.
Il Casone era la casa dei poveri, contadini con poca terra o braccianti, e delle tante bocche da sfamare.
In genere punteggiava le aree marginali dei grandi appezzamenti padronali, lungo fiumi e canali.
Si diffuse enormemente con l'epopea della nobiltà veneziana nella campagna veneta, tra il cinquecento ed il settecento, quando le vastissime proprietà terriere richiedevano molta manodopera. Il latifondista concedeva, o tollerava, l'insediamento dei braccianti ai margini della proprietà, dapprima in forma temporanea durante la stagione agricola e poi come abitazioni permanenti.
Il casone è
opera d'arte e massimo esempio di
bioedilizia.
Dalle dimensioni 'lillipuziane' (per le nostre moderne e sprecone esigenze), alle pietre
crude (argilla seccata al sole), alle malte di terra e sterco impastati con paglia (de segale) e calce viva, a quel capolavoro del tetto fatto di paglia di segale e/o di canne palustri.
Per la sua costruzione si chiamava una persona specializzata: il
casonaro (o casoniere).
Un tetto così costruito, con periodiche manutenzioni mediamente ogni 20 anni,
poteva durare dagli 80 ai 100 anni... salvo i non rari incidenti col fuoco.
Le aperture permettevano un ricambio d'aria nella
teza o
tieda (sottotetto) dove si conservava il fieno per la vacca (o al massimo alcune vacche) in stalla, magazzino indispensabile alla sopravvivenza.
In molti casi vi era un portico rivolto a sud, non solo luogo di servizio per la stalla, ma soprattutto area di lavoro al riparo dal sole cocente d'estate e al riparo dal freddo d'inverno.
La stalla una 'centrale termica' dove ci si radunava nei lunghi e freddi
filò invernali.
Sotto il portico si tenevano anche i pulcini in gabbia, il maiale si teneva in una piccola capanna separata, così come
el punaro (pollaio) spesso un'impalcatura su di un albero.
Le poche aperture a finestra della parte in muratura sempre piccolissime (per non disperdere il calore).
Il pavimento in terra battuta e, nei casi più ricchi, in pietre.
La cucina è invenzione più moderna, si diffuse nel sei/settecento, prima non vi era un vero e proprio ambiente dove cucinare e quasi sempre si mangiava in stalla.
Anche fino alla metà dell'ottocento nelle cucine non esisteva un camino ed il fumo usciva per una apposita apertura sopra la porta o una finestra. Il
fogolare (caminetto) era cosa da ricchi, si diffuse perciò la
cucina economica una stufa con la grande piastra in ghisa per cucinare, parsimoniosa nel consumo di legna.
Gli arredi, gli attrezzi da lavoro, il vestiario, tutto fatto artigianalmente in famiglia, a cominciare dallo
stramaso (materasso) del
pajon imbottito a
scartozi (foglie secche delle pannocchie di mais).
D'inverno a letto ci si riscaldava con
la munega col scaldin de bronse, uno scaldino con le braci protetto da una struttura per sostenere le coperte che veniva tolto nel momento di coricarsi. E ...chi non ha provato una simile esperienza non può immaginare quell'incredibile sensazione...
Una vita grama, un'integrazione totale, una simbiosi tra uomo, animali, campagna e lavoro.
Il casone è ancora nell'
anima del nostro modo di essere veneti, ma ancor per quanto?
Per noi di campagna è ancora parte integrante delle storie e delle nostalgie dei nostri genitori.
Un millennio di civiltà dissoltosi in pochi anni nella metà del secolo scorso, scalzato dalla civiltà del 'benessere' e del 'progresso'.
Molti casoni, agli inizi del secolo scorso, sono andati distrutti col fuoco per incassare l'assicurazione e costruire una casetta più moderna.
L'
ultimo casone 'vero' giunto fino a noi si trova (anzi si trovava) a Vallonga di Arzergrande.
Forse l'unico ad aver superato la soglia del III millennio perché abitato fino a qualche anno fa.
Abbandonato, sta vivendo gli ultimi anni di agonia e si sta dissolvendo in fretta.
Forse con qualche intervento di recupero si può salvare e riciclare come i due casoni di Piove.
Nota: il 'Casone Azzurro' di Vallonga nell'estate 2008 è stato restaurato.
Un fatto è certo, mancando il proprietario il casone sparisce in fretta senza lasciar tracce.
Restituisce alla natura quello che si era preso a prestito per costruirlo.
Una conferma che il casone è un
organismo vivente modellato sull'anima di chi vi abita.
Quei pochi che ancora possiamo vedere sono ormai dei monumenti a se stessi, musei.
Restaurati e rifatti fin troppo bene per essere credibili, ma senza l'
uomo dentro.
Possono certamente darci un'idea in qualche modo 'virtuale' di quel tempo che fu, ma è un po' come andare a far visita in cimitero ad una persona cara ormai scomparsa.
E più che emozione o interesse ci lasciano
tanta tristezza.
Piove di Sacco e la Saccisica (Padova)
Piove si trova ad una ventina di chilometri a sud di Padova per la strada 'Piovese' sulla direttrice Padova-Chioggia.
Corte e poi Piove (da Pieve) furono territorio 'personale' (da cui Sacco) dei re longobardi e per estensione Saccisica ad indicare, fin dal XII secolo, il vasto territorio a sud-est di Padova, al confine con il Chiozoto (Chioggia e poi Venezia).
Per la visita ai casoni rivolgersi al Gruppo Anziani della Saccisica, Piove di Sacco
Il gruppo cura la manutenzione, l'apertura e l'organizzazione di feste nei casoni e i piccoli musei della civiltà rurale con reperti originali.
I casoni sono aperti nelle domeniche estive, visite guidate a pagamento all'interno attrezzato a museo.
Per la visita si può percorrere la bella pista ciclabile tra Piove di Sacco e Corte, con una breve deviazione (indicazioni) si raggiunge il casone di via Ramei, mentre il Casone Rosso si trova lungo la pista ciclabile poco prima di Corte.
bibliografia Piove di Sacco, Saccisica e territorio della bassa padovana |
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titolo | autore | edizione |
I casoni a San Giorgio in Bosco | R.Brunoro | 2012 - Comune San Giorgio in Bosco |
Casoni padovani | G.Previato, A.Stocco | 2008 |
Corte, bona ed optima villa del Padovano | Bruno Coccato | 2007 - Società Cattolica di Assicurazione Piove di Sacco |
Storie in Saccisica e dintorni | autori vari | 2000 - Credito Cooperativo di Piove di Sacco |
Lo spazio e la memoria - Esempi di architettura popolare veneta | Fernando Dotti | 1998 - Cleup Padova |
I casoni veneti | Paolo Tieto | 1979 - Panda Edizioni Noventa Padovana |