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storial'Altopiano e la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni

Bostel di RotzoLa storia antica

Il primo tentativo di tracciare una storia dei Sette Comuni risale alla fine del XVIII secolo, quando l'abate Agostino Dal Pozzo ebbe 'l'ardimento di affrontare l'enigma dell'origine dei Sette Comuni, di dare una storia a questo popolo diverso per lingua, usi e costumi' dai popoli limitrofi, che aveva formato 'per tanti secoli una piccola nazione con leggi e governo proprio' (G.Rebeschin, prefazione a 'Memorie Istoriche delle Popolazioni Alpine dette Cimbriche'). Le difficoltà non erano di poco conto: nessuno storico prima di lui aveva a affrontato l'argomento e gli scarsi documenti (il primo, del 907, con il quale l'Imperatore Berengario donava parte del territorio dell'Altipiano a Silicone, Vescovo di Padova) non erano in grado di fare luce sulle origini di questo popolo. Le stesse comunità montane avevano smarrito una memoria storica delle proprie origini, che tendeva a sfumare nel mito dell'immaginario collettivo.

Leggiamo nell'opera di Dal Pozzo: 'Ancorché la celebrità non sia fatta per le nazioni povere, accantonate nelle montagne, indifferenti al restante del mondo... nondimeno i Sette Comuni che formano una piccola provincia segregata e distinta dal distretto vicentino nel quale sono contenuti, avendo privilegi particolari e statuti municipali, e parlando un linguaggio tutto proprio, hanno diritto di essere considerati une nazione a parte'. Quell'autonomia e quei privilegi (Freiheiten) che la Serenissima Repubblica riconobbe e mantenne sostanzialmente invariati per quattro secoli, a testimoniare l'impegno dei valorosi alpigiani nella costante sorveglianza e difesa dei confini veneti da attacchi esterni, così vitali per le sorti e la prosperità dello Stato veneto.

L'esigenza di un nuovo indirizzo storiografico si ebbe ala fine del secondo conflitto mondiale, quando all'epoca dei totalitarismi (cha avevano represso i particolarismi locali) fece seguito una rinascita degli studi di storia regionale e locale, e una rivendicazione della autonomie locali, anche come difesa delle libertà politiche e civili, nonché religiose. Nuovi studi mirarono a fare luce su di un fenomeno complesso e di lunga durata come quello degli insediamenti tedeschi nell'ambito veneto. A riguardo, venne dimostrata l'infondatezza dei supposti insediamenti tedeschi nelle Prealpi venete fino alla seconda metà del secolo XI, epoca in cui contadini bavaresi provenienti dall'abbazia benedettina di Benediktbeuern migrarono con il patrocinio del Vescovo di Verona nell'abbazia veronese di Santa Maria in Organo. Dal punto di vista linguistico altrettanto importanti furono le scoperte degli studiosi: da un lato venne altresì dimostrato che fu l'idioma tedesco a sovrapporsi al preesistente idioma neo-latino (veneto-italiano) e non viceversa, come ritenuto fino ad allora.

Gli insediamenti tedeschi si consolidarono verso la fine del XII secolo, in concomitanza al declino del potere Svevo, quando la parte sud-occidentale dell'impero germanico andò frantumandosi e si accentuarono le aspirazioni autonomistiche. Un documento del 1216, il cosiddetto Codex Wangianus, attesta come il Vescovo di Trento Federico Wanga, vicario dell'Imperatore Federico II per il Nord Italia, avesse dato l'incarico a dei coloni provenienti dalla comunità tedesca insediatasi sull'Altipiano vicentino di costruire 20 masi nella località tra Folgaria e Centa chiamata in seguito Slagenauf, che può essere tradotto con 'Asiago di sopra' o 'alta' o anche 'nuova'. Tale documento è rilevante pure per l'esplicita concessione in affitto ereditario, secondo il cosiddetto 'diritto walser'.

Agli inizi del secolo XIII gli insediamenti tedeschi, che daranno in seguito vita ai Sette Comuni, dovettero organizzarsi militarmente per difendersi dalle mire espansionistiche dei vicini; come il potente signorotto di Castel Ivano della Valsugana. In questo, trovarono l'appoggio di Ezzelino III da Romano, che nel 1250 aveva acquistato cospicui fondi a Rotzo e Castelletto. Nelle guerre dei da Romano, anch'essi di origine germanica e alleati a Federico II contro le signorie dei comuni italiani, i comuni dell'Altipiano formarono truppe per la signoria che aveva il suo castello vicino Bassano. Con la caduta degli Ezzelini, all'inizio del 1300, le popolazioni dell'Altipiano si unirono in Federazione, per governare in modo il più possibile autonomo la loro vita, e difendere le loro Freiheiten, privilegi o esenzioni fiscali, rivendicando il giuspatronato e cercando di mutare o scindere alcuni legami ancora feudali con la Chiesa episcopale padovana. Secondo la tradizione, il 29 Giugno 1310 venne definito lo statuto della Spettabile Reggenza, il cui preambolo esaltava e suggellava come un giuramento lo spirito di solidarietà: 'Il bene del popolo è il bene della Reggenza e il bene della Reggenza è il bene del popolo'. L'insegna ideale che lo sosteneva e guidava, sembra recitasse: 'Dise saint Siben, Alte Komeun, Prudere Liben', Questi sono i Sette Antichi Comuni, Fratelli Cari. Per il prevalere comunitario su boschi, pascoli e acque tale statuto era più simile a quello delle Gemeinde tedesche o svizzere che non a quello dei comuni rustici italiani.

A tal punto è radicata questa usanza che ancora oggi la maggior parte del territorio dei comuni dell'Altipiano non è proprietà privata e nemmeno proprietà pubblica demaniale, ma proprietà collettiva, proprietà a 'mani riunite' secondo il costume tedesco, ossia proprietà degli abitanti riuniti in 'colonnelli' o frazioni di comune. Secondo il diritto germanico da cui questa consuetudine trae origine, la proprietà collettiva deriva dall'occupazione di terre lavorate, bonificate, rese abitabili e utili dagli antichi abitatori e tramandate ai giorni nostri, senza diritto di possesso individuale, ma con diritto di godimento dei frutti (per questo viene anche chiamata proprietà di uso civico). Scrive a proposito Mario Rigoni Stern: 'Nel territorio dei Sette Comuni non esistono castelli di nobili, non esistono ville di Signori, né cattedrali di vescovi, per il semplice fatto che la terra è del popolo e i suoi frutti sono di tutti come ad uso antico'.

Nel 1327 la Federazione dei Sette Comuni, pur mantenendo la propria autonomia amministrativa, passò sotto l'ala protettiva degli Scaligeri di Verona che l'affrancarono da ogni vincolo di sottomissione rivendicato dal comune di Vicenza e l'impegnò '...in tempo di guerra a custodire tutti i passi attraverso i quali si va in Germania affinché i nostri amici non possano danneggiare e minacciare le terre ed i paesi dei nostri nemici che vogliamo preservare intatti e sicuri.'. Nel 1387 fu la volta dei Visconti di Milano, che estesero il controllo sull'Altipiano; anche questa volta la Federazione riuscì a mantenere inalterato il proprio statuto, e con esso le esenzioni e i privilegi. Per la signoria viscontea gli abitanti dell'Altipiano erano i 'tedeschi delle montagne del nostro distretto di Vicenza'.

Enego L'epoca della Serenissima e la storia dell'Altipiano

La spontanea 'dedizione' dei Sette Comuni alla Serenissima di Venezia risale al 20 febbraio 1405: a quel tempo Venezia si era attivata nell'entroterra per contrastare l'espansionismo dei Carraresi di Padova, che ne minacciavano l'esistenza stessa, poiché avevano il controllo del fiume Brenta; con il decadere della signoria viscontea (Gian Galeazzo Visconti morì di peste nel 1402 e il Ducato venne diviso tra i suoi 4 figli, sottoposti alla tutela della madre e dei capitani di ventura di turno) aveva iniziato ad estendere il proprio controllo sulla terraferma,: da allora le sorti dell'Altipiano seguirono per quattro secoli quelle della città lagunare. Con questa accorta decisione, segno della maturità politica raggiunta dagli abitanti dell'Altipiano, i Sette Comuni decisero di salvaguardare la propria autonomia e difendere la propria libertà. Il regime di privilegio fiscale di cui l'Altipiano godeva nel periodo scaligero prima e visconteo, venne confermato dal decreto ducale del Doge Steno, il che significava la franchigia da ogni carico tributario. Non diverso fu il regime fiscale che Venezia accordò ad altre terre di confine (come il Cadore, la Valpolicella, la val di Scalve nel bergamasco), rispetto sostanziale delle condizioni precedenti alle dedizioni.

Va notato come quella dei Sette Comuni fu la prima 'dedizione' pacifica, liberamente scelta da una comunità e accettata da Venezia; al contrario, quelle delle altre città venete seguirono a vicende militari. Non fu un atto di totale sottomissione, ma un patto che permise ai Sette Comuni un certo sviluppo economico e democratico, favorendo la produzione e il commercio del legname, del carbone, della lana, dei formaggi, dell'artigianato. Venezia, che riconobbe sempre una larga autonomia ai territori del Dominio, accordò all'Altipiano uno status del tutto particolare: alla Reggenza venne accordato il potere di emettere leggi, sia civili che amministrative, in ogni materia di interesse della comunità, e competenze militari (nel 1586 venne istituita una milizia territoriale, con totale autonomia nell'organizzazione di un corpo armato e nell'elezione del comandante). In cambio di tale riconoscimento, la Reggenza si impegnava a difendere i confini settentrionali, vitali pel sopravvivenza della Serenissima, dalle pericolose ingerenze dell'Impero Asburgico.

Proprio dagli Asburgo vennero le più gravi minacce sulla terraferma per Venezia (già impegnata a contrastare i turchi nei possedimenti d'oltremare) che coinvolsero anche l'Altipiano: nel 1487 l'arciduca Sigismondo, conte del Tirolo e fratello dell'imperatore d'Austria, mosse guerra contro la Repubblica di Venezia (quella che verrà definita dagli storici la guerra retico-austriaca); la via scelta per attaccare la Serenissima fu proprio il territorio dei Sette Comuni. Le colonne arciducali (ma forse si trattava solo di un'ala dell'esercito o addirittura fu soltanto una razzia di avventurieri, staccatisi dal grosso dell'armata armata) penetrarono dal passo delle Vezzene, occuparono e distrussero Asiago, Camporovere e Roana che 'non avevano avuto il minimo sentore delle attenzioni del nemico..., di modo che non essendo stata organizzata la difesa, la resistenza opposta dai singoli villaggi cimbri non riuscì che a rendere maggiori le violenze e le rapine degli invasori e Gallio la rivale di Asiago scampò questa sorte solo sottomettendosi e pagando tributo'; la sola Rotzo riuscì a difendersi in val Martello. L'invasione tedesca esaurì la spinta offensiva sulle estreme propaggini meridionali dell'Altipiano: l'imperatore d'Austria sospese la guerra che diventava dannosa per i commerci in Germania.

Appena venti anni dopo un altro Asburgo mosse guerra alla Serenissima: nel 1508 fu Massimiliano I ad attaccare Venezia che non gli permetteva di attraversare i territori del Dominio nel suo viaggio verso Roma per essere incoronato da Papa Giulio II; ancora una volta per irrompere alle spalle dello schieramento veneziano e coglierlo di sorpresa, venne scelta la via dell'Altipiano. Il territorio dei Sette Comuni fu nuovamente invaso dall'esercito imperiale che, scesa la val d'Assa, travolse con la sua artiglieria lo sbarramento difensivo costituito dalle milizie della Reggenza e seminò distruzione e paura nei paesi dell'Altipiano. Ma la sorte era propizia a Venezia che al momento dell'invasione era impegnata a difendersi dagli imperiali lungo la valle dell'Adige e in Friuli, e non si era accorta della presenza di armate tedesche sull'Altipiano. Solo la fermezza delle genti dell'Altipiano unita alla furia degli elementi riuscì a fermarne l'avanzata: difatti, si era nel mese di febbraio e un'improvvisa e pesante nevicata costrinse l'esercito imperiale a sospendere l'avanzata e a ritirarsi verso Lavarone e Caldonazzo, e da qui fare ritorno in Germania.

Il 1509 fu l'annus horribilis per Venezia, quello della Lega di Cambrai promossa da Papa Giulio II e che vide alleati al pontefice (desideroso di mettere le mani sulle città della Romagna, all'epoca possedimento veneziano) ancora l'Imperatore Massimiliano (che pretendeva la terraferma veneta) e Luigi XII (che pure era alleato di Venezia, ma aspirava a recuperare le terre di Lombardia). Nell'Altipiano la guerra viene ricordata per taluni episodi, certo marginali nell'economia generale della terribile disavventura, ma molto significativi per la Reggenza. Il più noto e memorabile fu l'imboscata tesa dai valstagnesi, in una strettoia della Valsugana, ad una schiera di imperiali, che venne annientata e il suo capitano condotto in catene al podestà veneziano di Bassano. Le due vicende aprirono a favore della Reggenza uno straordinario credito di benemerenza, che essa seppe sfruttare abilmente nelle successive, innumerevoli suppliche alla Serenissima contro Vicenza.

Nel 1631 anche sull'Altipiano arrivò la peste, raccontata dal Manzoni nei Promessi Sposi. Il comune di Roana perdette più di metà degli abitanti, come pure Asiago, dove i morti ammontarono a 1500. Nel corso del XVII e per tutto il XVIII secolo le condizioni economiche si fecero sempre più difficili sull'Altipiano, per una serie di concause quali l'aumento della popolazione a cui si opponeva il limite delle risorse tradizionali; i cambiamenti legati all'inizio dell'economia moderna a cui seguì il venir meno degli antichi privilegi ed esenzioni. Nel 1765 fu abolito per la prima volta il diritto di Pensionatico, anche se la transumanza delle pecore continuò nei secoli seguenti, tra conflitti feroci e un calo continuo del numero di pecore. Per queste ragioni aumentò in maniera sostanziosa l'emigrazione dall'Altipiano verso le regioni della pianura e le città, in qualche caso anche verso zone di montagna come il Cansiglio, dove hanno trovarono un bosco da lavorare e possibilità di vita alcune famiglia di Roana.

Campanella di Lusiana L'epoca della Serenissima e le forme di governo

Vivamente sentita a Venezia fu la questione della definizione dei confini con l'Impero Asburgico: l'incertezza dei confini con gli imperiali nasceva dall'equivocità del titolo di acquisto da parte degli abitanti di Levico di una quota indivisa del pianoro della Marcesina nella vendita dei beni di Ezzelino nel 1261, e dagli appetiti degli abitanti della Valsugana verso i possedimenti del Principato vescovile di Trento. Nelle contese intervennero ripetutamente sia il rettore di Vicenza che la stessa Serenissima; l'individuazione di una linea di confine pacifica e sicura fu oggetto di varie conferenze internazionali, delle quali le più note sono quella di Trento del 1535 e le due di Rovereto del 1605 (con la quale il territorio di Vezzena fu sottratto al comune di Rotzo e assegnato a Levico e una parte della piana di Marcesina fu tolta ad Enego e unita al Comune di Grigno nella Valsugana) e del 1750; la complessa operazione va sotto il nome di 'confinazione'.

A queste diatribe di carattere internazionale si aggiungevano poi quelle di ordine interno, relative ai Sette Comuni della Reggenza e ai Comuni limitrofi. Con l'avvento del dominio veneziano e la pax imposta dalla Serenissima, la sicurezza che questa aveva portato, dopo il periodo eroico della lotta per la sopravvivenza del secolo XIII e quello delle grandi scelte politiche del secolo XIV, aveva comportato un ristagno 'pacifista' che favorì l'affiorare delle diatribe contraiole. La storia della Reggenza è anche la storia delle controversie confinarie tra Comuni, sempre affamati di boschi e pascoli e per questo sempre pronti ad inventare 'antichi' titoli legittimati: la litigiosità degli altipianesi, sia dei privati che dei Comuni, tanto concordi verso l'esterno quanto accaniti nelle dispute interne fu proverbiale nel resto del Dominio. Tra le vicende confinarie più tormentate va ricordata quella definita nel 1681 dal lodo arbitrale (detto ancora 'sentenza') del capitano di Vicenza, Benedetto Capello, a cui si deve 'l'aggiustamento delle differenze che da lungo tempo vertivano tra i comuni di Asiago, Gallio e contrade Zaibana, Stoccaredo e Sasso; per occasione di alcuni boschi e svegli confinanti tra esse comunità, a motivo de' quali sono corsi da molti anni in qua infiniti reciprochi dispendi tanto nel civile quanto nel criminale...'.

Nel quadro politico istituzionale della Serenissima, l'organizzazione interna delle comunità locali fu sempre lasciata alla loro iniziativa e alla loro completa autodeterminazione. Essa seguì un modello omogeneo, basato su di un elemento caratteristico, il 'colonnello'. L'istituto veniva inteso sull'Altipiano in maniera tecnica molto particolare, diversa da quella della restante montagna veneta (in cui assume una valenza prettamente geografica), come la comunità di base, spesso costituita da un'aggregazione parentale: ancora oggi sono numerose le frazioni identificate col cognome dei residenti, tutti imparentati tra di loro. Nelle linee essenziali l'assetto amministrativo assegnava ogni potere decisionale all'assemblea dei capifamiglia, che eleggeva tra i suoi membri i governatori del colonnello; questi eleggevano a loro volta i deputati per l'amministrazione del comune, che nominava uno o due rappresentanti a formare il consiglio della Reggenza. Le norme vigenti erano per lo più consuetudinarie e sopravvivevano perché ben radicate nella tradizione. Fu soltanto con il generale rifiorire della terraferma dopo la terribile crisi di Cambrai che anche per i Comuni dell'Altipiano si aprì la stagione degli Statuti, tardiva attuazione di quel fenomeno passato alla storia con il nome di statutazione (statuti di Asiago, 1571; Roana, 1631; Rotzo, 1632).

Nel 1642 il Capitano di Vicenza, su incarico della Repubblica di Venezia, raccolse i documenti e le tradizioni in uso per definire lo statuto della Federazione dei Sette Comuni, al fine di continuare a risolvere le continue contese che dividevano i Sette Comuni tra loro e al loro interno. La legge Bragadina con i suoi 25 articoli ricordava e precisava le norme e le regole per la convocazione delle vicinie, per la elezione delle cariche pubbliche, per la composizione del Governo della Reggenza, per la soluzione dei conflitti, per la difesa delle esenzioni e dei privilegi.

Nell'organizzazione statale della Serenissima la tutela dei confini di stato fu dapprima curata dal Consiglio dei Dieci, poi dal 1676 dal Provveditore e Sopraintendente alla Camera dei Confini, magistratura senatoria destinata a monopolizzare l'intera funzione della cura dei confini: difatti, nel XVIII secolo questo magistrato fu 'l'unico che avesse un incarico veramente politico per le relazioni con le potenze limitrofe e con le poste straniere'. Il Provveditore ai Confini esercitò spesso funzione di arbitro delle molte e sempre aspre contese tra i Comuni.

Quella dell'Altipiano fu un'autonomia istituzionalmente amplissima, dotata della possibilità intrinseca di tutela non già come controllo o limitazione, ma semplicemente come possibilità di intervento nelle controversie interne ad istanza delle parti. Tale autonomia fu, probabilmente, la formula più originale di organizzazione politico-amministrativa, che per i quattro secoli del dominio veneziano ha dato, pur in un contesto di profonde trasformazioni, un'eccellente prova di sé.

Dalla fine della Serenissima al Regno d'Italia

Il 12 maggio 1797, per voto in Maggior Consiglio, la Serenissima cessò di essere uno stato sovrano. Con riguardo alle vicende dei Sette Comuni, pare che il giudizio complessivo più esatto sulla dominazione sia ancora quello del loro massimo storico, M.Bonato, autore della ottocentesca 'Storia dei Sette Comuni e contrade annesse dalla loro origine sino alla caduta della Veneta Repubblica', il quale dopo aver ricordato 'le offerte volontarie recate di tempo in tempo dai Sette Comuni sull'altare della Repubblica, cui circondavano di amore e di ossequio', rileva che 'né la Repubblica sarebbe caduta, se pari a quella dei poveri Alpigiani fosse stata la fede di opulenti cittadini'.

Infatti non erano mancate magnanime conferme della fedeltà e del fermo proposito della Reggenza di soccorrere la Dominante con il maggior numero di alpigiani armati: alcuni giovani si arruolarono volontariamente nelle truppe regolari (distinte dalle cernide, ossia le milizie territoriali locali) confidando che si ridestasse nel momento del supremo pericolo l'antico valore del leone di San Marco. Ma l'illusione che la neutralità disarmata bastasse a salvaguardare la Serenissima riuscì fatale perla sua stessa sopravvivenza: l'11 novembre 1796 il generale austriaco Mitrowscki poté attraversare col suo esercito il territorio dell'Altipiano senza trovare opposizioni sul suo cammino. Troppo tardi la Repubblica Veneta si decise ad arginare l'invasione straniera, e pur tuttavia i Sette Comuni provvidero immediatamente ad inviare duemila alpigiani armati alla volta di Vicenza. Altri mille partirono per Verona il 12 aprile 1797 e parteciparono all'insurrezione scoppiata il 17 e passata alla storia con il nome di 'Pasque Veronesi'. L'infausta abdicazione alla sovranità fatta dal Maggior Consiglio lasciò angosciosamente increduli gli altipianesi, rimasti fedeli a Venezia, nonostante avessero inteso da un loro inviato nella Dominante che ormai 'la Reggenza si regolasse a norma dei casi, libera e padrona di sé'.

L'occupazione francese incontrò resistenza nei pressi di Lusiana, anzi un drappello degli invasori subì un insuccesso con morti e feriti nei primi giorni di luglio, ma dopo la minaccia di rappresaglie intervenne la Reggenza e il cancelliere assicurò ufficialmente la più leale dedizione purché fossero riconosciute le tradizionali franchigie. La convenzione tra i deputati della Reggenza e il comandante delle truppe francesi stanziate a Vicenza venne firmata il 12 luglio 1797. Nella Convenzione con i Francesi, venne riconosciuta la Reggenza pur sotto il nome nuovo di Municipalità, con il rispetto di esenzioni e diritti, come quelli del Pensionatici. Ma tre mesi dopo, il 17 ottobre, venne firmata la pace di Campoformio: i Sette Comuni giurarono fedeltà all'Imperatore Francesco II, in cambio del riconoscimento della Reggenza e dei suoi diritti. La folgorante vittoria di Napoleone il 2 dicembre 1805 ad Austerlitz, contro gli eserciti austro-russi, e quindi la pace di Presburgo ebbero come conseguenza l'annessione del Veneto al regno Italico (subentrato alla Repubblica Cisalpina nel Maggio 1805, quando Napoleone venne incoronato re d'Italia a Milano).

La Reggenza dei Sette Comuni fu abolita (1807) e Asiago divenne sede del distretto del Bacchiglione. Dal 1806 al 1813 le riforme amministrative e politiche, sull'esempio francese, furono radicali: queste vennero accolte favorevolmente dalla borghesia cittadina, mentre suscitarono un crescente malcontento nell'ambito rurale e ancor più nei montanari dei Sette Comuni per la drastica eliminazione della Reggenza e dell'antica autonomia della 'Terra Separata'. Non si poteva ritenere sufficiente l'istituzione di un distretto a sé stante, nel Dipartimento del Bacchiglione insieme con i distretti di Vicenza, Lonigo e Schio, poiché appunto aboliva gli antichi privilegi e le peculiarità socio-economiche assieme a quelle politiche. Il malumore nei confronti delle esose imposizioni (non solo fiscali) francesi si manifestò nel 1807 quando, misconoscendo la plurisecolare autonomia, anche militare, dell'Altipiano, venne istituita la Guardia Nazionale, arruolando giovani dai 18 ai 30 anni.

Lusiana Il fiscalismo francese e la penuria alimentare avevano fatto accogliere favorevolmente il proclama dell'Arciduca Giovanni d'Austria, che il 14 febbraio 1809 esortava a 'cogliere l'occasione propizia di scuotere una volta per sempre l'odioso giogo' francese: una rivolta scoppiò di là a cinque mesi, il 9 luglio, ma si concluse con i rivoltosi a 'ristorarsi con vino ed acquavite' mentre 'l'ufficio del Signor Cancelliere e il Censo' furono risparmiati. Il 17 luglio Asiago venne ripresa sotto la dominazione napoleonica e la repressione fu sanguinosa, addirittura 'strage orrenda' con più di 70 fucilazioni. Dopo la grave disfatta napoleonica tra il 14 e il 19 ottobre 1813 nei pressi di Lipsia, cominciò la seconda dominazione austriaca, anche se fu poi il Congresso di Vienna, nel giugno del 1815, a sanzionare la sovranità asburgica sul Regno Lombardo-Veneto. Venne mantenuto il centralismo di gran parte della struttura napoleonica del Regno Italico; vennero aboliti i benefici che ancora restavano in piedi, sostituiti da ulteriori tasse ed imposte che portarono via via l'Altipiano ad un'economia di pura sussistenza: il 'flagello della fame' afflisse ancor più penosamente il territorio vicentino. Sono gli stessi funzionari austriaci che sollecitano l'intervento o almeno l'attenzione del delegato capo sulle tristissime condizioni di molti alpigiani dei Sette Comuni 'ridotti a cibarsi dell'erba, non possedendo neppure l'occorrente per condirla'; inoltre 'un grandissimo numero di questuanti' affluisce incessantemente nella stessa Vicenza sospinti dalla miseria, e il Comune deve distribuire minestre e acquistare granaglie. Inoltre cominciò l'emigrazione verso le regioni più promettenti d'Europa e, in seguito, anche d'oltre-oceano (specialmente in Brasile).

Le angustie alimentari si attenuarono solo a partire dal 1818 e, nonostante le difficoltà, apparvero i segni del progresso moderno, con opere pubbliche, i primi alberghi e le banche, nuove vie di comunicazione interne e con la pianura. Tuttavia non si assopirono le rivendicazioni autonomistiche ma ogni ulteriore richiesta rimase del tutto vana: continuò l'accentramento amministrativo; il Comune si ridusse ad organo locale del governo centrale austriaco, tutt'al più con un'autonomia soltanto formale in funzione dello stesso centralismo austriaco, che nominava un suo funzionario a capo del Comune, con l'assistenza semplicemente consultiva degli eletti dalle comunità, considerate piuttosto suddite e non più protagoniste dell'amministrazione locale. La delusione delle speranza finì con l'alienare le simpatie di gran parte degli abitanti dei Sette Comuni nei riguardi del regime austriaco. Andò invece sviluppandosi uno spirito risorgimentale filo - italiano, specialmente negli studenti dell'Altipiano che frequentavano l'Università di Padova.

Alla notizia del governo provvisorio a Venezia nel fatidico 1848, si formò ad Asiago un corpo speciale chiamato Legione Cimbrica e poi Guardia Nazionale, con circa 800 soldati comandati da Cristiano Lobbia, che poi diventò famoso come generale garibaldino e come deputato nel Parlamento del Regno Italiano. Nella primavera del 1848, a confermare la partecipazione dell'Altipiano al Risorgimento, questo piccolo esercito contribuì a contenere l'avanzata degli austriaci: ma alla fine dovette soccombere. Dopo il 1848 seguirono sull'Altipiano condizioni ancora più dure. Un proclama diceva: 'Chi venisse colto col suono delle campane allo scopo di allarmare, ovvero chi informasse il nemico o gli insorti delle mosse dell'Imperiale Regia Truppa, verrà sottoposto a giudizio statuario e fucilato'.

L'entusiasmo risorgimentale infervorò nuovamente nel maggio del 1860: Cristiano Lobbia e molti altri volontari eludendo la sorveglianza della polizia austriaca riuscirono a raggiungere Garibaldi per prendere parte alla Spedizione dei Mille. Troppo tardi la legge comunale austriaca del 5 marzo 1862 consentì una certa autonomia amministrativa del Comune 'per tutto quello che toccava i suoi diretti interessi entro i confini suoi e colle sue proprie forze', riservando all'amministrazione dello Stato 'il diritto di sorveglianza sui Comuni'; perfino una parte notevole del clero era ormai di tendenze liberal-nazionali. Nel 1864 fu steso un progetto d'azione di Volontari sull'Altipiano per liberare il Veneto dall'oppressione austriaca. Nel 1866 fu combattuta la Terza Guerra per l'Indipendenza che portò il Veneto a far parte del Regno d'Italia.

Dopo l'unione all'Italia, anche l'Altipiano conobbe la trasformazione del progresso moderno, pur tra incertezze, resistenze e difficoltà antiche e nuove. Molti sull'Altipiano erano chiusi in pregiudizi e in mentalità tradizionaliste, incapaci di accogliere nuove tecniche, nuove vie di comunicazione, nuove attività economiche e nuove forme amministrative. Il progresso portò nuove strade, nuove forme di abitazione, di produzione e di commercio. Le case vennero rinnovate: la paglia dei tetti sostituita da tegole e scandole. Grande importanza ebbe la costruzione della ferrovia che dalla pianura vicentina salì ad Asiago. Ideata nel 1822, essa fu ultimata nel 1909 e servì al trasporto dell'Altipiano fino al 1958, quando fu sostituita da un servizio di autocorriere. Nel 1906, dopo anni di progetti e di polemiche, fu costruito il ponte di Roana sulla Valdassa; esso fu abbattuto per ragioni di guerra nel 1916 e ricostruito nella forma attuale nel 1924. Tutti i paesi dell'Altipiano furono serviti da nuove forniture d'acqua. Per i comuni di Asiago, Roana e Rotzo fu realizzato l'acquedotto val Renzola che trasportava l'acqua dalla valle omonima per oltre 20 chilometri. In tutti i paesi dell'Altipiano arrivò l'energia elettrica che oltre all'illuminazione pubblica e privata, servì ad azionare qualche piccola industria, come le segherie. Con le nuove vie di comunicazione (strada del Costo, della Fratellanza, del Pievan...) prese impulso il movimento turistico, ospitato in strutture ricettive qualificate e rinomate.

In questo fervore di attività economiche, le possibilità di occupazione erano tuttavia limitate, anche per l'abbandono delle risorse e delle pratiche tradizionali, così che l'emigrazione conobbe le punte più alte: nel solo anno 1909 partirono da Asiago 558 emigranti. Molti erano lavoratori stagionali che tornavano a casa nella stagione invernale, ma molti andavano oltre-oceano, nelle Americhe e in Australia, in condizioni spesso avventurose e disperate.

La prima guerra mondiale

Per la loro posizione geografica i Sette Comuni furono sempre zona di confine: nel 1400 e nel 1500 subirono le invasioni e le distruzioni dall'esercito imperiale asburgico. Nel 1915 la storia si ripeté in modo più tragico e catastrofico. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l'Italia si era dichiarata neutrale perché il patto della Triplice Alleanza non la impegnava a fianco dell'Austria in una guerra d'aggressione.
Nel 1915 l'Italia passò alla Triplice Intesa con la Francia e con l'Inghilterra contro l'Austria, per annettere Trento e Trieste.
Sull'Altipiano erano state costruite opere di difesa come i forti Verena, Lisser, Corbin e Campolongo. Il 24 maggio 1915 l'Italia apriva le operazioni di guerra con un colpo di cannone sparato dal Forte Verena.
Si vide subito la posizione strategica che i Sette Comuni dovevano avere durante il grande conflitto.
I primi mesi passarono nella paura. Il forte Verena fu presto colpito e reso inutilizzabile. La popolazione era intimidita anche dal comando italiano che accusava di spionaggio chiunque poteva dare sospetti, come il parroco di Cesuna, il cappellano di Canove e di Camporovere e il vecchio parroco di Roana, che furono incriminati e imprigionati.

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